Sui rifiuti il braccio di ferro continua ma noi non cediamo

braccio di ferro
Domani i Comuni dell’Anconetano si incontreranno per l’ennesima puntata della telenovela legata alla gestione unica del servizio rifiuti. Sarà la prima riunione dopo l’approvazione, da parte del Consiglio Comunale di Falconara Marittima, di due importanti mozioni. La prima boccia di fatto l’attuale Piano d’Ambito finché dallo stesso non sarà stralciata l’ipotesi di realizzare un biodigestore in zona Saline. Anche se si tratta del territorio comunale di Ancona, il sito si trova a ridosso dell’abitato di Castelferretti che subirebbe anche tutto il traffico veicolare derivante da questa ulteriore attività di trattamento rifiuti (che si aggiungerebbe alle altre già esistenti). L’altro apre alla possibilità di indire, in attesa dell’affidamento unico, una gara ponte per poter coniugare la tutela dei lavoratori attualmente in servizio con tariffe migliori per i cittadini falconaresi. Piccolo ma esplicativo passo indietro. I falconaresi sono, dal 2007, sottoposti alle condizioni capestro del contratto di servizio stipulato dall’allora sciagurato centrosinistra al governo cittadino con il Cam (l’ex municipalizzata falconarese). Marche Multiservizi ha “ereditato” quel contratto, pur contribuendo ad appianare gli importanti debiti maturati dal Cam mentre noi attendevamo il 2017, anno di scadenza del contratto, come manna dal cielo per variare queste condizioni vessatorie.

Non lo abbiamo potuto fare perché con Ata, in vista dell’affidamento unico che doveva essere imminente, siamo stati costretti a proroghe tecniche dei contratti in essere. L’“imminente”, anno dopo anno, ci ha portati al 2021 con un nulla di fatto. I cittadini falconaresi, da statistica i più vessati della provincia dalla tassa sui rifiuti, avrebbero potuto avere tariffe migliori già da quattro anni. Il tempo perso? Tutto a causa della volontà testarda nel perseguire la soluzione già bocciata da Tar e Consiglio di Stato: l’affidamento in house, diretto, senza gara, a Viva Servizi, società per azioni a partecipazione totalmente pubblica (già anche le spa possono essere pubbliche). Più volte abbiamo chiarito, ma c’è sempre chi la butta in caciara per confondere, che a Falconara non siamo contrari a prescindere alla gestione pubblica del servizio. Ciò che abbiamo criticato e che continuiamo a criticare è l’atteggiamento cieco di quanti, Comuni a guida Pd con Ancona in testa, ribadiscono la bontà dell’operazione senza una doverosa comparazione con il mercato. Un aspetto che non è solo formale ma anche sostanziale, andando a leggere la normativa sugli appalti. E invece? In nessuno dei documenti che ha prodotto l’Ata è mai stata fatta una comparazione tra l’offerta economica del pubblico e ciò che esiste nel mercato.

Il Partito Democratico ma anche gli stessi sindacati sembrano non voler comprendere che un’azienda pubblica o misto pubblico/privata non è buona o cattiva in quanto tale. Per costoro il pubblico è un dogma. Eppure, andando a leggersi bene le varie relazioni, anche la stessa Ata sembra essersi resa conto dell’impossibilità di avere un gestore pubblico al 100%. L’assenza di competenze nella parte terminale del ciclo integrato dei rifiuti, e cioè il loro trattamento, il compostaggio, la produzione di metano, la reimmissione dei rifiuti del ciclo produttivo nell’ottica dell’economia circolare, che poi sono la parte di business che genera utili, ha portato l’Ata ad aprire (timidamente) ai privati del settore. Il dibattito che è scaturito in questi ultimi giorni ha indotto anche qualche cittadino a partecipare. Tra i tanti mi è capitata sotto mano la missiva di uno particolarmente acuto ed esperto in materia. “Nel corso della mia attività nei servizi collettivi locali, svoltasi in varie città e in diversi ruoli, ho riscontrato che questa forma di gestione (in house, ndr) è negativa per la collettività – ci ha scritto -. Quando l’ente di governo affida direttamente la gestione a una società di capitali di proprietà degli stessi comuni, il soggetto di governo e il soggetto di gestione è il medesimo: i sindaci. Queste persone hanno due giacche, che devono continuamente cambiare: quella di rappresentanti e tutori dei cittadini e quella di azionisti. È evidente che il contratto tra il soggetto di governo e il soggetto di gestione (contratto di servizio) è fittizio e ingestibile”.

Se l’azienda viene meno a un obbligo contrattuale può il sindaco applicare la penale a sé stesso? I fautori del “pubblico è bello” dicono che gli utili vengono reinvestiti sul territorio. La realtà, sempre secondo il nostro esperto concittadino è che quando “un’azienda municipalizzata viene trasformata in società per azioni, rapidamente le priorità si invertono. Prima l’obbiettivo principale era il servizio e la redditività era solo un mezzo per migliorare il servizio, poi l’obbiettivo principale diviene la redditività (come doveroso per ogni società per azioni) e il servizio solo un mezzo per conseguirla. La gestione in house può dare l’illusione che tuteli i cittadini, per cui l’ente di governo viene marginalizzato: il risultato è che i cittadini si trovano sostanzialmente senza rappresentanza e senza tutela”.

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