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Aeroporto Sanzio, si gioca sempre al ribasso o a distruggere: quando vi date la sveglia?
Sul Corriere Adriatico di alcuni giorni fa il prof Donato Iacobucci, docente di Economia all'Università Politecnica delle Marche, ha firmato un interessante approfondimento sui dati forniti da Aerdorica. L'aeroporto Sanzio nel 2017 ha registrato una crescita del traffico merci del 5,7% rispetto all'anno precedente andandosi ad attestare ai livelli del 2007, prima della crisi. Tuttavia nello stesso decennio il traffico cargo degli aeroporti italiani è cresciuto dell'11,3%, fa notare Iacobucci. Stesso discorso per quanto riguarda i passeggeri, sostanzialmente gli stessi del 2007, ma in un sistema Italia che ha visto il traffico aeroportuale aumentare del 29%. In pratica siamo fermi mentre i competitor corrono. Dieci anni fa l'aeroporto di Pescara era dietro di noi come traffico passeggeri, oggi vede quasi 200mila persone più del Sanzio. Tante questioni pesano sulla gestione del nostro aeroporto. Iacobucci fa un'analisi interessante, ma si concentra, più che altro e un pò come tutti, sulla possibilità attraverso il marketing territoriale di aumentare i passeggeri e reputa "poco felice" la posizione logistica della struttura. Questo non mi trova d'accordo e, come ho avuto modo di dire in più occasioni, la nostra mission principale risiede nel traffico merci, facendo triangolare aeroporto, interporto e porto. Tre strutture in 30 chilometri, un unicum italiano che andrebbe sfruttato. Ovvio che al momento la situazione della società di gestione dello scalo sia parecchio delicata. Anche perché il governo regionale pare non sappia che pesci prendere, salvo tirar fuori dal cilindro l'ennesima iniezione di denaro pubblico. (oltre 20 milioni, mica bruscolini). Dall'altra parte c'è chi batte sulla grancassa per mettere in liquidazione la società e ripartire con una newco immacolata.
Andiamoci cauti. Diciamo subito che, pur nelle difficoltà del caso, è fortemente in dubbio che far fallire Aerdorica sia la cosa migliore. Lo dico non solo pensando ai dipendenti (non tutti troverebbero un riassorbimento nella nuova compagine), ma anche ai tanti fornitori, imprese del territorio, verso cui Aerdorica è debitrice. Che ricaduta avrebbe un fallimento qualora nessuno si accollasse il buco pregresso? Facciamo come Banca Marche? Non mi pare davvero il caso. La strada maestra è quella di sfruttare l'occasione del soccorso regionale ma senza, stavolta, sbagliare strada, bensì collegandola a un disegno strategico di grande valore. Basta strapparsi i capelli se non riusciamo ad avere un volo per Roma! La nuova viabilità stradale e i treni (purché rispettino le tabelle di marcia) dicono che l'ala deve puntare ad altro. Ancona, le Marche debbono guardare ad Est. Alla Cina, dove ad esempio le esportazioni di vino italiano hanno superato i 130 milioni di euro con un aumento del 29% nel 2017. Alla Russia dove l'export marchigiano ha fatto segnare un +21%. Il Made in Italy che il mondo ci invidia, se vuole, può spiccare il volo proprio dallo scalo della regione che, tra l'altro, è anche tra le realtà più manifatturiere d'Italia. La chiave di volta è questa. Merci che arrivano e ripartono su ala, su ferro o su gomma a seconda delle opportunità in un sistema integrato di servizi. Il che impone, vista la passata esperienza, un nuovo management che sia professionalmente valido, di alto standing per competenze comprovate nel settore dei trasporti internazionali.
Come città di Falconara e Amministrazione Comunale teniamo molto al futuro e alla funzionalità dell'aeroporto che abbiamo l'onore, ma anche l'onere di ospitare. Ma non possiamo non rilevare, oltre alla incertezza dell Regione Marche che tutto fa meno che promuovere una reale cooperazione fra i diversi soggetti pubblici e privati, la pesante latitanza di imprenditori di livello e del sistema imprenditoriale marchigiano nel suo complesso attorno al tema aeroportuale. Senza una vera alleanza, concreta e non conclamata, non c'è partita per l'aeroporto. Non può avere futuro. Da qualche parte, anche autorevole, è stato decretato che l'Interporto di Jesi non serve più, con buona pace di tutto ciò che è stato elaborato e impegnato, sia a livello progettuale che finanziario fino ai tempi più recenti. Fare dell'interporto il deposito dei farmaci e la centrale del 118 può essere comodo nell'immediato, ma vi sembra un progetto di largo respiro? A me, no. Pare il solito gioco al ribasso che non porta da nessuna parte. Quando non fa ulteriori danni.
Se ciò fosse confermato, mi sembra evidente, e lo dico con rammarico, che in queste contrade non siamo in grado di pensare, investire e rischiare come una moderna sfida per lo sviluppo imporrebbe in un mondo globalizzato. Così si muore di asfissia, percorrendo un lento e inesorabile declino. E, infine, la latitanza più grande, altisonante ed evidente. Quella di nessuna politica seria, complessiva, di indirizzo generale del sistema aeroportuale, nel necessario quadro di rapporti europei e internazionali, che viene dal Governo Centrale. Quest'ultimo, sostanzialmente, tace, pare abulico, non detta le linee o il quadro normativo entro cui lo stesso sistema delle imprese può giocare il ruolo che le compete in una sana logica concorrenziale e di alleanza fra i vari gruppi economici ed industriali. A quando la sveglia, prima che il declino diventi davvero inarrestabile?
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Perché è fondamentale avere il Centro Storico

Facendo quattro passi per il centro di Falconara non passa inosservato il senso di caos. Prendiamo ad esempio piazza Mazzini. Devastata da un insensato modernismo nei primissimi anni '90, spogliata delle sue aiuole fiorate per far spazio a una spianata di porfido che d'estate, complici le fioriture degli alberi (anche quelli anni '90), diventa rovente e anche appiccicosa. I palazzi attorno? Il Centro Pergoli e una parte del suo lato sinistro in stile. Poi palazzi e ancora palazzi sui quali svetta il civico 90 di via Bixio che ospita l'ufficio postale. Per capire cosa è successo occorre fare un passo indietro. A quando Falconara era solo in collina e la cosiddetta Frazione Marina contava poche case. L'impulso iniziale arrivò con la stazione nei primi anni dell'Unità d'Italia. Siamo cresciuti alla rinfusa proprio perché non avevamo norme ad accompagnare uno sviluppo armonico. Solo il Piano Regolatore del 1999, approvato definitivamente nel 2003 e ancora in vigore, ha dettato norme più chiare e decisamente vincolistiche. Ma tant'è ormai lo scempio era cosa fatta! Tornare indietro non sarebbe possibile. Per questo l'amministrazione comunale ha deciso di perseguire la strada del Centro Storico.
L'idea è quella di salvaguardare quanto di buono esiste e andare a incidere su quello che può essere risanato. L'iter partecipato ha coinvolto più di 200 attori tra cittadini, associazioni di categoria, negozianti, professionisti che hanno voluto suggerire migliorie. L'iter burocratico ha ottenuto l'ok all'unanimità del consiglio comunale. Maggioranza e opposizione si sono dette d'accordo (una rarità in politica) su questo rilancio. Grazie al Centro Storico si potrà meglio intervenire sul decoro, creare incentivi per il risanamento la ristrutturazione degli isolati, il rinnovamento e l’insediamento di nuovi esercizi commerciali puntando sulla specializzazione e sulla qualità. Il nostro obiettivo è quello di defiscalizzare i vari canoni relativi all’insediamento degli esercizi commerciali e l’abbattimento significativo degli oneri di urbanizzazione secondaria del 50%, unitamente all’obbligo di reinvestire tali oneri negli stessi isolati oggetto di ristrutturazione per il quale sarà creato uno speciale capitolo di bilancio. Ora spetta alla Provincia di Ancona pronunciarsi e poi l'atto dovrà tornare nuovamente in Consiglio Comunale per l'approvazione definitiva. Un percorso lungo e con diversi ostacoli ma qualcuno doveva pur iniziarlo.
L'idea è quella di salvaguardare quanto di buono esiste e andare a incidere su quello che può essere risanato. L'iter partecipato ha coinvolto più di 200 attori tra cittadini, associazioni di categoria, negozianti, professionisti che hanno voluto suggerire migliorie. L'iter burocratico ha ottenuto l'ok all'unanimità del consiglio comunale. Maggioranza e opposizione si sono dette d'accordo (una rarità in politica) su questo rilancio. Grazie al Centro Storico si potrà meglio intervenire sul decoro, creare incentivi per il risanamento la ristrutturazione degli isolati, il rinnovamento e l’insediamento di nuovi esercizi commerciali puntando sulla specializzazione e sulla qualità. Il nostro obiettivo è quello di defiscalizzare i vari canoni relativi all’insediamento degli esercizi commerciali e l’abbattimento significativo degli oneri di urbanizzazione secondaria del 50%, unitamente all’obbligo di reinvestire tali oneri negli stessi isolati oggetto di ristrutturazione per il quale sarà creato uno speciale capitolo di bilancio. Ora spetta alla Provincia di Ancona pronunciarsi e poi l'atto dovrà tornare nuovamente in Consiglio Comunale per l'approvazione definitiva. Un percorso lungo e con diversi ostacoli ma qualcuno doveva pur iniziarlo.
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CONTRO OGNI IPOCRISIA!

E poi abbiamo un italiano che per reazione si arma di una pistola e s’inventa vendicatore in preda a una lucida follia. Comprensibile l’esasperazione nella popolazione. Non è accettabile, né giustificabile quanto avvenuto. Molte sono le cose da dire. Tutte argomentate. Ma vorrei andare alla radice (o a una delle radici), spesso dimenticata o sottovalutata, stante anche il provincialismo di cui, noi italiani, siamo spesso attori o vittime. Non è civile un Paese che permette a tutti, in maniera indiscriminata, di entrare. Apparentemente una seria e rigorosa regolamentazione sembra un limite per la coesistenza pacifica e per lo stesso sviluppo della democrazia di un Paese. Ma non è così. Anzi. Le regole e la loro pratica attuazione pongono le basi sociali ed economiche per garantire il nostro stesso sviluppo. Misurano il nostro grado di civiltà, ma anche il grado di amore che nutriamo per la nostra comunità. Diversamente mina la stessa vitalità di uno Stato e ne condiziona in maniera grave il futuro.
Dico di più. Allo stato attuale delle cose occorre fare un passo indietro e bloccare, con tutti mezzi i flussi migratori. E’ una emergenza e come tale va affrontata. Altrimenti si rischia di dare un messaggio diverso e contraddittorio. E’ questo il provvedimento che chiedo al Governo. Un Governo degno di questo nome! Sono convinto che il miglior alleato del razzismo sia il buonismo a tutti i costi. L’assenza o la presenza di flebili regole, alla lunga, finiscono per non essere apprezzate neanche dagli stessi stranieri. E a conti fatti e in questa delicata fase, dato che i danni sono già stati fatti, la gestione risoluta del fenomeno migratorio tutela non solo noi, ma anche gli stessi migranti.
“Noi siamo per la legalità. Non è colpa dei maceratesi, ma dei nigeriani. Siamo stufi di vederli girare davanti ai negozi, davanti alle chiese a chiedere l’elemosina.” A parlare non è un leader leghista, ma Sammy Bounon, Presidente ddell’Associazione Nazionale Oltre le Frontiere, durante il sit in organizzato dai nigeriani a Macerata. “Siamo stufi –ha concluso il suo intervento intervistato dal Tgr Marche del 4 Febbraio- vogliamo nigeriani onesti che lavorano. Noi nigeriani perbene vogliamo stare in pace”. È razzismo? O si tratta di buon senso? L’assenza di regole, ma soprattutto di pene severe e certe, in un quadro di indigesto lassismo danneggia anche gli stessi stranieri che vogliono integrarsi. Il sindaco Pd di Macerata, Romano Carancini, intervistato dal Resto del Carlino ha detto che “Non è possibile che quando qualcuno esce dai programmi venga abbandonato a sé stesso e sia inevitabilmente dedito alla illegalità, devono essere trovati luoghi sicuri in cui attendere la decisione definitiva, mentre gli irregolari devono essere riaccompagnati, senza indugio, alle loro terre”. Parole che accolgo con favore.
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Basta giustificazioni e sciocchezze: sul gestore unico dei rifiuti la bocciatura del Tar è sonora, non recuperabile e costerà ai cittadini

Quel che stupisce ora non è tanto il risultato ma le argomentazioni che i promotori del Sì (Ancona, Osimo e numerosi comuni a guida Pd) portano per giustificare la sconfitta. Il sindaco dorico Mancinelli, ad esempio, parla di progetto "facilmente emendabile", la Provincia di Ancona, guidata da Liana Serrani di possibilità di "correggere il tiro sulle questioni indicate nella sentenza del Tar", mentre il primo cittadino di Osimo, Simone Pugnaloni è dell'idea che basterà consultare i legali dell'Ata per trovare una soluzione "in tempi rapidi". L'unico dem fuori dal coro, parecchio defilato, pare essere il sindaco di Senigallia Maurizio Mangialardi che sta valutando l'idea di non attendere i tempi di un eventuale appello al Consiglio di Stato facendosi una gara a sé per il proprio comune. Questo perché, a meno di ipotetici ordini di scuderia, non è un fesso. Sa bene che la partita, per come è stata impostata, è finita. Tant'è che anche noi, a Falconara, ci stiamo chiedendo se attendere un'improbabile via d'uscita o se provvedere alla tanto agognata gara che ci vedrebbe togliere quella maglia nera della tassazione più alta della provincia, causata da un contratto capestro decennale sottoscritto dal centrosinistra prima del nostro arrivo.
Per capire l'impossibilità di procedere con l'affidamento diretto a Multiservizi e bollare le dichiarazioni sopra riportate e quelle venture basta dare una letta alla sentenza del Tribunale amministrativo. O in alternativa, leggersi l'esauriente articolo scritto da Lorenzo Sconocchini sul Corriere Adriatico di mercoledì 17 gennaio. Il quale spiega, esaurientemente, che la bocciatura non riguarda l'affidamento in house come istituto ma, soprattutto, i soggetti ai quali si voleva affidare il servizio: Multiservizi e Econfon. Entrambe non hanno i requisiti. La prima perché con le sue partecipazioni nei campi dell'energia (Edma, Edma reti gas, Estra Energie, Prometeo, eccetera) ricava fatturati da attività non affidate dai soci. La seconda perché considerata il paravento che nasconde l'osimana Astea, in parte partecipata dai privati. La curiosità, al momento, è capire quali emendamenti presenterà l'Ata per tornare alla carica: l'unico che mi viene in mente è quello di cambiare affidatario e trovarne uno adeguato. Ma chi glielo andrà a dire a Multiservizi che già pregustava un appalto da 1 miliardo di euro, affidato senza competitori fino al 2031? Altra balla che gira è che le spese per i contenziosi – in primo grado compensate tra le parti – non ricadranno sui cittadini. La verità è che non ricadranno sulle casse comunali ma, ad ogni modo, l'Ata dovrà pagare e il suo bilancio proviene (indovinate un po') dalla tasche dei cittadini che pagano le utenze.