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La nuova Carta cittadina, un momento storico tra critiche ridicole
Dunque a distanza di 69 anni il consiglio comunale falconarese ha approvato un nuovo regolamento di polizia urbana. In tutto questo tempo nessuno (NESSUNO) vi aveva messo mano e poco importa se, ad esempio, fosse disciplinato il transito delle greggi (ma solo se accompagnate da “personale sufficiente e capace”) ma non la prostituzione o l’utilizzo di fuochi d’artificio e mortaretti. Una carta fatta di anacronismi la cui modifica non era più rinviabile. Troppo frequente, anche se necessario, il ricorso alle ordinanze sindacali. La maggioranza si è messa al lavoro già nella precedente legislatura, secondo mandato del sindaco Brandoni. Ora, in questo primo scorcio di sindacatura Signorini, siamo arrivati a tirare le somme. Il voto di giovedì 26 novembre può essere considerato storico. Come vicesindaco e assessore alla Polizia Municipale prima, successivamente all’Urbanistica e ora anche al Commercio, ho avuto modo di seguire l’evoluzione dei lavori che sono passati per maggior condivisione con tutte le forze politiche rappresentative della cittadinanza attraverso le sedute della Commissione Affari Generali.
Tra luglio e ottobre ci siamo riuniti 7 volte in sedute lunghe anche 12 ore per esaminare il testo, recepire contributi, valutare modifiche migliorative e arrivare a una Carta condivisa. Il regolamento è frutto di un confronto che, nel tempo, ha coinvolto anche rappresentanti delle forze dell’ordine, delle associazioni di categoria, di associazioni animaliste che hanno avuto modo di esaminare i 61 articoli e dare il proprio contributo. Vengono regolamentate situazioni che prima non venivano contemplate come la vendita di bevande alcoliche, l’uso di droghe, la prostituzione, la questua molesta, bivacchi e accampamenti non autorizzati. Viene introdotto il Daspo urbano. Dispiace tuttavia constatare che, come al solito, c’è chi gioca sporco e si serve del consiglio comunale solo farsi un po’ di audience presso i suoi.
Tra luglio e ottobre ci siamo riuniti 7 volte in sedute lunghe anche 12 ore per esaminare il testo, recepire contributi, valutare modifiche migliorative e arrivare a una Carta condivisa. Il regolamento è frutto di un confronto che, nel tempo, ha coinvolto anche rappresentanti delle forze dell’ordine, delle associazioni di categoria, di associazioni animaliste che hanno avuto modo di esaminare i 61 articoli e dare il proprio contributo. Vengono regolamentate situazioni che prima non venivano contemplate come la vendita di bevande alcoliche, l’uso di droghe, la prostituzione, la questua molesta, bivacchi e accampamenti non autorizzati. Viene introdotto il Daspo urbano. Dispiace tuttavia constatare che, come al solito, c’è chi gioca sporco e si serve del consiglio comunale solo farsi un po’ di audience presso i suoi.
Dopo tanto lavoro e condivisione, dopo nessun cenno di obiezione nel corso delle commissioni, ricevere 16 emendamenti svuota di fatto il ruolo dell’organismo collegiale, che invece dovrebbe garantire la massima partecipazione. Così viene a mancare la correttezza istituzionale nel rapporto tra maggioranza e opposizione. Viene da chiedersi, a questo punto, a cosa servano le commissioni. Per altro, come ho avuto modo di rispondere, le richieste di modifiche (tutte bocciate) andavano dal ridicolo al surreale, fino all’ovvio. Punti già contenuti nel Regolamento o tra le norme già in vigore. Mosse che evidenziano ancora una volta, se ce ne fosse bisogno, la differenza tra il lavoro serio e il varietà politico.
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Acquaroli alla sfida marchigiana sulle infrastrutture, obiettivo: avvicinare le Marche al resto d’Europa
Il nuovo governo regionale di centrodestra ha riportato centralità alla Piattaforma Logistica Marche. Il triangolo ideale tra Ancona, Falconara e Jesi, costituito da porto, aeroporto e interporto a forte propulsione sullo scambio di merci da far arrivare, far partire per poi essere distribuite sui mercati esterni e interni, è un vecchio pallino dell’amministrazione comunale falconarese che a più riprese, negli anni passati, ha cercato di sensibilizzare le amministrazioni comunali coinvolte e la politica regionale (anche in chiave di salvataggio di Aerdorica, società di gestione del Sanzio in crisi perenne) sulla necessità di intraprendere questo corso. Il Sanzio è un aeroporto a vocazione CARGO. Lo dice il territorio, con le Marche centrali rispetto all’Italia e all’Europa, tra Oriente e Occidente. Ma lo dicono anche le infrastrutture con porto e interporto nel giro di 30 chilometri.
L’auspicabile nuova vitalità su questo fronte si configura nella scelta del Presidente Francesco Acquaroli di caricarsi la responsabilità la delicata partita, trattenendo per sé la delega di governo. Atto che denota come il Governatore abbia ben in mente l’importanza strategica che la Piattaforma Logistica – sempre pensata, mai attuata – riveste per lo sviluppo del territorio. Ovviamente per arrivare alla piena operatività si dovrà anzitutto immaginare una stretta collaborazione tra i tre soggetti, coinvolgendo anche le categorie produttive che lavorano con scambi e spedizioni: mittenti, destinatari, intermediari e servizi annessi. Collegare il porto alla rete viaria nazionale (la mitica Uscita Nord), stringere i rapporti tra questi tre poli, ripristinarne la rete ferroviaria sono tutti punti che dovranno essere messi nell’agenda regionale.
Si dirà: E I SOLDI? I soldi, se c’è la volontà, si trovano. Per lo scellerato Muro sul Mare, Rfi contava di spendere tra i 4 e i 7 miliardi a livello nazionale. Una follia che stava per trasformarsi in realtà con un decisionismo difficilmente riscontrabile, quasi sospetto, in altri meandri burocratici della nostra povera Italia. A fronte di ciò non capisco perché, sempre a livello nazionale, la costa adriatica non abbia diritto all’Alta velocità. Siamo figli di un dio minore rispetto ai Tirrenici? L’arretramento ferroviario rappresenta il naturale e unico vero progetto di risorgimento della nostra costa e, a questo proposito, la Macroregione Adriatico Ionica che Acquaroli sta rilanciando con Abruzzo e Molise può agevolare il rilancio produttivo e territoriale.
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Care opposizioni, state attente al dibattito: sulle antenne noi ci siamo e non ci diamo per vinti
Quanti telefonini avete in casa? Li utilizzate? Immagino già la risposta. L’utilizzo h24 di telefoni cellulari e smartphone, tra traffico telefonico e traffico dati, è una prerogativa della nostra società perennemente connessa alla rete. Negli anni i tempi di utilizzo sono cresciuti in maniera esponenziale e con essi, grazie alla concorrenza, le varie compagnie telefoniche si rincorrono nell’eterna gara di accaparramento di quote di mercato. Il più economico e più performante vince la partita. Questo ha portato, come effetto collaterale, che sempre più spesso le amministrazioni pubbliche e i cittadini si siano trovati di fronte alla difficoltà di coniugare il servizio (la possibilità di telefonare e navigare) con le infrastrutture a esso dedicate: le ANTENNE. Fatta questa doverosa premessa, sono costretto a tornare sull’argomento per chiarire alcuni aspetti che l’opposizione in consiglio comunale cerca sovente di mistificare. Il governo di centrodestra di Falconara da tempo, fra i primi in ambito regionale, ha dotato la città di un Regolamento per gestire, per quanto possibile, e arginare la potenziale proliferazione delle antenne dedicate alla telefonia mobile. Giova ricordare che la Legge offre ai Gestori della telefonia una possibilità molto ampia di impiantare le proprie strutture, ritenute un servizio primario ed essenziale per la collettività, in tempi di digitalizzazione estesa. Il Regolamento è uno strumento amministrativo che ha l’ambizione di fungere da filtro affinché le Società, prima di prendere delle decisioni operative, abbiano l’obbligo di confrontarsi con l’Amministrazione Comunale, quale organo primario che presiede una corretto sviluppo e gestione del territorio.
Va rilevato che lo studio che è stato posto alla base del Regolamento, tra l’altro esposto al dibattito di tutti gli aventi causa, comprese le associazioni e i cittadini in pubbliche assemblee, così come recita la legge, identifica le aree di ricerca del territorio, con i siti che sono stati ritenuti tecnicamente idonei a coprire l’intero perimetro comunale, sia sulla base primaria delle esigenze manifestate dai gestori, sia sulle risultanze dell’ampia consultazione democratica, privilegiando le aree pubbliche. È sicuramente, allo stato delle esperienze, un confronto impari, poiché ai Comuni è stata tolta la capacità di incidere in maniera obbligatoria o, quanto meno, perentoria nelle scelte finali. In questo clima abbiamo, tuttavia, cercato di instaurare un rapporto di colloquio, più precisamente di confronto con le Società, nonché di convincimento delle stesse, nel caso non collimassero circa gli indirizzi previsti dal Regolamento.
Cari consiglieri di opposizione: state più attenti al dibattito. In questi anni abbiamo più volte discusso e informato sul punto e abbiamo espresso il nostro diniego ad una serie di richieste dei gestori, in particolare quelli apparsi sul mercato recentemente e, come tali, più commercialmente aggressivi. Abbiamo coerentemente proseguito sulla strada delle eccezioni e del confronto, in quanto l’unico nostro obiettivo e ambizione è quello di tutelare , il più possibile, la salute pubblica e la tutela paesaggistica anche se in questo senso, a dire il vero, non ci aiutano granché le ultime disposizioni governative che, di fatto, tendono a superare il metodo delle aree di ricerca, in favore dei punti specifici, che restringono il capo di azione dei divieti, indicandoli addirittura con meticolosa precisione (case di cura, scuole, centri sociali, etc.), lasciando al libero arbitrio il resto del territorio. Ma non ci siamo e non ci diamo per vinti.
Per quanto riguarda le ultime richieste pervenute, l’Amministrazione con propria delibera e lettera inoltrata ad un gestore (è tutto agli atti) ha da tempo negato la possibilità di erigere una antenna nel bel mezzo dell’area “ex tiro a volo” sull’arenile di Villanova. Ora noi siamo felici che una forza politica si dichiari d’accordo, ma di certo non se ne può intestare né il merito, né la paternità. È scorretto, oltre che non veritiero. La Commissione Consiliare è stata convocata in due riprese, su input del sottoscritto e della collega Valentina Barchiesi, proprio per far presente queste problematiche ed avere dai Consiglieri, se non una condivisione, almeno dei suggerimenti. Tanto è vero ciò, che è stata accettata di buon grado la proposta di una verifica tecnica della possibilità di far realizzare una antenna in un’area molto ristretta posta tra via Toselli e Via Monti e Tognetti, in prossimità del confine con la Raffineria. Non possiamo, però, dimenticare che i gestori hanno la possibilità, una volta che sia stato negato l’ok per un sito pubblico di ricercare liberamente un’area privata, con possibilità di successo. Glielo consente la legge. È per tali motivi che non vogliamo avviare, in termini più generali, uno scontro , che ci darebbe tanta soddisfazione sul piano morale, ma alcun accordo concreto, dignitoso e plausibile.
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Rifiuti: Senigallia, Jesi e Falconara chiamate ad avvisare i naviganti che il vento è cambiato
Il territorio marchigiano esce profondamente mutato dalla tornata elettorale e, in particolare, il recente ballottaggio di Senigallia pone i più – ma non i più attenti – di fronte a questioni che hanno un impatto significativo sulla vita dei cittadini. Senza star a stilare la lunga lista dei problemi regionali irrisolti mi voglio concentrare su una questione che riguarda da vicino la provincia di Ancona. Mi riferisco alla gestione del ciclo dei rifiuti, bega che va avanti da circa 4 anni e che ha visto la città di Ancona, capoluogo di provincia e dei Comuni governati dal Partito Democratico, portare avanti a testa bassa senza ascoltare nessuno la tesi dell’affidamento diretto, senza gara d’appalto e senza nemmeno una adeguata valutazione di preventivi, a una società interamente pubblica. A scatola chiusa. Nemmeno una doppia sconfitta al Tar e al Consiglio di Stato è riuscita ad avviare seriamente una discussione sul tema.
Un muro contro muro che ha lasciato il servizio nell’empasse delle cosiddette “proroghe tecniche”; lasciando questa grave responsabilità amministrativa unicamente sulle spalle dei singoli comuni. Un’Ata, di fatto, cieca e sorda, forse per ordine di scuderia (leggi, partito) all’interno della quale comuni come Falconara, Jesi e Fabriano, ad esempio, si sono battuti ma senza riuscire a sfondare un dibattito fortemente condizionato dalla Amministrazione anconetana, appoggiata da Osimo e Senigallia. Domandona dell’ultima ora: cosa farà quest’ultima “liberata” dal Pd grazie ai cittadini che hanno scelto il centrodestra del neosindaco Massimo Olivetti? Quesito più che legittimo. Due anni fa venne proposta ai comuni dell’Ata la scelta di individuare la azienda unica per la raccolta e il trattamento dei rifiuti senza ricorrere ad una gara (“in house”), vinse in quella occasione tale modalità. Perse nei tribunali della giustizia amministrativa, a tal punto da dover ricorrere necessariamente a dei correttivi (a mio giudizio solo di facciata). Tale scelta è stata ribadita anche di recente, nonostante il voto diverso e critico di alcuni, importanti comuni, tra cui Jesi e Falconara.
Quel voto, oggi che il vento è profondamente mutato, è ancora valido? Senigallia, Jesi e Falconara riusciranno ad avviare un dialogo costruttivo su temi sovracomunali, finora diretti esclusivamente dal monocolore piddino e subiti da tutti gli altri? Me lo auguro e auspico quanto prima un incontro tra i Sindaci dei tre Comuni per rivalutare da capo tutta la questione rifiuti. Perché è evidente, e la vicenda del biodigestore conteso tra Jesi (che ha l’opzione migliore) e Ancona (che spinge anche per altre location, tra cui quella impensabile delle Saline, a ridosso di Castelferretti e Camerata Picena), è emblematica. È evidente che anche il modello amministrativo dei gruppi di potere targati Pd è al tramonto e che la rappresentanza è efficace quando apre al dialogo e alla condivisione e che quando l’uomo (o la donna) solo al comando si isola in un dirigismo dorato e autoreferenziale dura per un po’ ma non va lontano. Una lezione da tenere bene a mente anche nel centrodestra se non si vuole sprecare la storica opportunità che si ha oggi nelle Marche.