- Dettagli
- Creato MarAMCETE_Dicembre+0100RDicAMCET_Jth7
L'arretramento ferroviario, investimento strategico: vietato fallire
Tappe forzate verso la velocità e verso una ferrovia degna di questo nome. Occorreranno volontà e coraggio per immaginare il potenziamento della linea ferroviaria adriatica alla luce del nuovo corso della Regione Marche che ha impresso una svolta nelle politiche infrastrutturali, decisa a riallacciare la nostra regione al resto d’Italia. Nemmeno un paio di anni fa eravamo a lottare contro il Muro, le barriere con le quali Rfi voleva tagliare in due la città dividendola dal suo mare. Oggi parliamo di alta velocità, di arretramento della linea con quello stesso assessore regionale alle Infrastrutture, Francesco Baldelli, che è stato ospite al Centro Pergoli di Falconara per illustrare quanto la politica sta ora mettendo in campo.
L’ARRETRAMENTO. Questo e non altro è il futuro dei trasporti su ferro della nostra regione. Ottimo per le città costiere che così potranno riappropriarsi di spazi da riqualificare con sistemi di viabilità leggera, elettrica, a basso impatto. Ottimo per le merci, per quel settore cargo così tanto importante ma da sempre trascurato nel dialogo tra i tre grandi sordi rappresentati da porto, aeroporto, interporto. Il tutto per riallineare le Marche al resto del Paese. In fretta, signori. Di tempo se ne è perso anche troppo. Mentre qua si studiavano ripieghi dal respiro corto, convinti che sarebbero bastati un bypassino attorno alla Raffineria, un Muro antirumore e un lungomare posticcio alla frana Barducci per far bella figura, nel resto d’Italia ci si prepara a viaggiare da Bari a Milano passando (via Napoli) dal Tirreno e risparmiando un’ora rispetto alla linea tradizionale su Pescara e Ancona.
L’ARRETRAMENTO. Questo e non altro è il futuro dei trasporti su ferro della nostra regione. Ottimo per le città costiere che così potranno riappropriarsi di spazi da riqualificare con sistemi di viabilità leggera, elettrica, a basso impatto. Ottimo per le merci, per quel settore cargo così tanto importante ma da sempre trascurato nel dialogo tra i tre grandi sordi rappresentati da porto, aeroporto, interporto. Il tutto per riallineare le Marche al resto del Paese. In fretta, signori. Di tempo se ne è perso anche troppo. Mentre qua si studiavano ripieghi dal respiro corto, convinti che sarebbero bastati un bypassino attorno alla Raffineria, un Muro antirumore e un lungomare posticcio alla frana Barducci per far bella figura, nel resto d’Italia ci si prepara a viaggiare da Bari a Milano passando (via Napoli) dal Tirreno e risparmiando un’ora rispetto alla linea tradizionale su Pescara e Ancona.
Grazie alla Regione Marche anche la nostra città, insieme agli altri Comuni, è stata chiamata a indicare le esigenze del territorio per andare a redigere un documento da inviare a Ministero. Siamo convinti che lo sviluppo del nostro territorio passi per l’arretramento della linea ferroviaria come siamo altrettanti certi che occorrerà collegare meglio i binari con l’aeroporto Sanzio, sia per quel che riguarda i passeggeri (andando a prevedere una nuova stazione di riferimento), sia per il cargo che potrà beneficiare anche del trasferimento degli scali merci da Villanova all’Interporto di Jesi. Dettaglio da non dimenticare: se Amazon – che è una multinazionale dedita al profitto – ha scelto quest’area per investire significa che l’appeal e le possibilità di sviluppo non mancano. Sfruttiamole e andiamo oltre la miopia. Siamo agli albori di un confronto che si figura già da adesso complicato.
Dico questo perché è chiaro che incontreremo vecchie conoscenze. È sempre così quando ci si confronta con la pubblica amministrazione. I politici cambiano, gli apparati restano. Avremo a che fare con gli stessi che volevano spendere tra i 4 e i 7 miliardi a livello nazionale per le barriere anti rumore, non dimentichiamolo. Per quanto il mondo da allora a oggi possa essere cambiato, ci sarà sempre un cassetto pronto per essere aperto dal quale estrarre un progetto già visto, già bocciato. Dovremo essere coraggiosi. E forti. Forti come lo siamo stati quando eravamo uniti – Comune e cittadini - nella battaglia contro il Muro con le oltre 10mila firme raccolte, con la catena umana in spiaggia. Ci avviamo a un’altra battaglia di popolo. L’alternativa non è contemplata: un qualsiasi altro progetto al ribasso ci vedrebbe ancora più marginali.
Dico questo perché è chiaro che incontreremo vecchie conoscenze. È sempre così quando ci si confronta con la pubblica amministrazione. I politici cambiano, gli apparati restano. Avremo a che fare con gli stessi che volevano spendere tra i 4 e i 7 miliardi a livello nazionale per le barriere anti rumore, non dimentichiamolo. Per quanto il mondo da allora a oggi possa essere cambiato, ci sarà sempre un cassetto pronto per essere aperto dal quale estrarre un progetto già visto, già bocciato. Dovremo essere coraggiosi. E forti. Forti come lo siamo stati quando eravamo uniti – Comune e cittadini - nella battaglia contro il Muro con le oltre 10mila firme raccolte, con la catena umana in spiaggia. Ci avviamo a un’altra battaglia di popolo. L’alternativa non è contemplata: un qualsiasi altro progetto al ribasso ci vedrebbe ancora più marginali.
- Dettagli
- Creato LunPMCETE_Dicembre+0100RDicPMCET_Jth7
Il porto di Ancona: senza presidente da un anno, senza una visione strategica da sempre
Adagio sempre mal volentieri i miei pensieri sui luoghi comuni ma devo ammettere una certa tentazione nell’affidarmi al “si stava meglio quando si stava peggio” quando assisto all’impasse politica che attanaglia la nomina della nuova presidenza dell’Autorità Portuale di Ancona, scranno vuoto da un anno dopo i saluti di Rodolfo Giampieri. Tra lui – che pur ho avuto modo di criticare – e il nulla di oggi è sicuramente preferibile la prima soluzione. Che tuttavia non è quella ottimale. Al sistema portuale di Ancona che, ricordiamo, è del Mare Adriatico Centrale e comprende anche i porti di Pesaro, San Benedetto, Pescara e Ortona, occorre una leadership capace di avere una visione che vada oltre quel che è racchiuso tra Marinadorica e la Lanterna Rossa. Manca da anni (da ben prima di Giampieri) una visione globale che sappia guardare allo sviluppo del territorio.
Il porto dorico, come la città di Ancona, è incapace di dialogare. Un capoluogo che respinge e che bada al mantenimento della posizione dominante. Non si è mai rapportato seriamente, se non negli enunciati, con i traffici di porto e interporto. Comprende al suo interno i circa 6 chilometri di spiaggia attrezzata divise tra Falconara e Ancona che devono sottostare a un surplus di burocrazia. Intanto Ancona continua a limitarsi a fare il Comune dimenticandosi (SEMPRE!) di essere un Capoluogo. La supplenza, vista la situazione, dovrebbe passare a organismi superiori.
Come per la vicenda rifiuti è auspicabile un cambio di rotta della Provincia di Ancona per getti al macero la rotta fallimentare anconetana che ha costretto tutti gli altri Comuni all’immobilismo (compresa la possibilità di ridurre la tassa sui rifiuti a cittadini), alla stessa maniera la Regione Marche dovrebbe prendere in mano la situazione e avviare subito un’azione più energica nei confronti di Roma e dell’Unione Europea stessa per evidenziare la posizione strategica e le potenzialità della nostra Piattaforma logistica. Una volta insediata la nuova presidenza occorrerà mettere mano al management per mettere persone capaci a rendere concreti precisi indirizzi di governo e avviare una discussione sia con i comuni interessati (Falconara e Ancona) sia con i comuni limitrofi. Ragionare, cioè, come detto prima, in termini più ampi. Come Area metropolitana.
- Dettagli
- Creato SabPMCETE_Novembre+0100RNovPMCET_Jth7
Bolkestein, i “regali” passati di quelli bravi e l’immobilismo del presente
Come se la nostra povera Italia non avesse abbastanza nemici, o comunque sfere di interesse extraterritoriali pronte a venir qui per darsi al saccheggio, ci si mettono spesso anche i giudici ad agevolare propositi spiccatamente anti nazionali. Spesso sono i togati europei come nel caso delle bacchettate al carcere duro per i mafiosi, ritenuto inumano e degradante. Altre volte sono quelli nostrani come, ultima in ordine di arrivo arrivata da magistrati amministrativi, per la vicenda delle concessioni demaniali agli stabilimenti balneari. La famosa “Bolkestein”. Un regalo di quel “genio” (considerato tale da una determinata parte politica e determinati ambienti) di Romano Prodi.
Quello che tacciava di “sciocchezze” i timori di un’Europa dei banchieri, quello che favoleggiava che con la moneta unica si avrebbe avuto un’unitarietà anche economica (smentito dai fatti con Eurostat che vede il costo del lavoro a 44,7 euro/ora in Danimarca contro i 12,5 euro della Repubblica Slovacca), quello che “con l’Euro lavoreremo un giorno di meno guadagnando come se lavorassimo un giorno di più”, nel 2006 fu presidente della Commissione Europea che licenziò la direttiva che da allora mette a repentaglio l’esistenza di un sistema nazionale, quello turistico balneare, che crea ricchezza e lavoro a migliaia di famiglie. In nome della concorrenza e del libero mercato – sempre più concentrato nelle mani di pochi grandi oligarchie economiche e fondi sovrannazionali – si chiede all’Italia di concedere le proprie spiagge a vincitori di aste annuali. Passando un colpo di spugna su tutti gli investimenti effettuati dal settore in tutti questi anni e mettendo di fatto fuori gioco i balneari, vista l’impossibilità di competere con i colossi.
Quello che tacciava di “sciocchezze” i timori di un’Europa dei banchieri, quello che favoleggiava che con la moneta unica si avrebbe avuto un’unitarietà anche economica (smentito dai fatti con Eurostat che vede il costo del lavoro a 44,7 euro/ora in Danimarca contro i 12,5 euro della Repubblica Slovacca), quello che “con l’Euro lavoreremo un giorno di meno guadagnando come se lavorassimo un giorno di più”, nel 2006 fu presidente della Commissione Europea che licenziò la direttiva che da allora mette a repentaglio l’esistenza di un sistema nazionale, quello turistico balneare, che crea ricchezza e lavoro a migliaia di famiglie. In nome della concorrenza e del libero mercato – sempre più concentrato nelle mani di pochi grandi oligarchie economiche e fondi sovrannazionali – si chiede all’Italia di concedere le proprie spiagge a vincitori di aste annuali. Passando un colpo di spugna su tutti gli investimenti effettuati dal settore in tutti questi anni e mettendo di fatto fuori gioco i balneari, vista l’impossibilità di competere con i colossi.
A dare attuazione a tale provvedimento fu, guarda caso, un altro “campione” dell’europeismo anti italiano: il governo dei Professori, guidato da Mario Monti, rimasto successivamente imbottigliato nel traffico delle proteste dei tassisti, dei balneari, degli esodati, eccetera. Il resto? Nella pochezza politica nazionale che abbiamo vissuto dal 2006 a oggi l’Italia è riuscita solo a prorogare queste aste. Per non affrontare la questione in sede europea si è preferito tergiversare. E quando la politica non decide, si alza in piedi la Magistratura.
Il Consiglio di Stato ha quindi inevitabilmente sancito che l’ultima proroga concessa ai balneari (al 2033) non è valida. Dal 2023 tutto dovrà andare all’asta. Il settore è giustamente preoccupato. In tutta Italia si contano oltre 7500 stabilimenti balneari che arrivano ad occupare in alta stagione più di 44mila lavoratori. La Politica a questo punto non può più rimandare. Tocca alla politica nazionale prendere la strada di Bruxelles e proteggere un comparto non secondario ma parte integrante di quell’Italian Lifestyle fatto anche di accoglienza, ambiente, agroalimentare di qualità, ristorazione, storia e cultura che il mondo ci invidia e che contribuisce al 25% del Pil nazionale.
Il Consiglio di Stato ha quindi inevitabilmente sancito che l’ultima proroga concessa ai balneari (al 2033) non è valida. Dal 2023 tutto dovrà andare all’asta. Il settore è giustamente preoccupato. In tutta Italia si contano oltre 7500 stabilimenti balneari che arrivano ad occupare in alta stagione più di 44mila lavoratori. La Politica a questo punto non può più rimandare. Tocca alla politica nazionale prendere la strada di Bruxelles e proteggere un comparto non secondario ma parte integrante di quell’Italian Lifestyle fatto anche di accoglienza, ambiente, agroalimentare di qualità, ristorazione, storia e cultura che il mondo ci invidia e che contribuisce al 25% del Pil nazionale.
- Dettagli
- Creato MerPMCESTE_Ottobre+0200ROttPMCEST_Jth7
L'arretramento ferroviario non è solo per Falconara ma per tutto il sistema Adriatico
Nei giorni scorsi Falconara è divenuta il centro del dibattito sull’arretramento ferroviario, il grande progetto di un tracciato ferrato più internato che avrebbe il duplice effetto di agganciare l’Adriatico all’alta velocità, un’assenza oggi penalizzante e calcolata in 6/7 punti di pil in meno per l’economia regionale, e di lasciar libera la costa di sviluppare al meglio le sue potenzialità turistiche. Convegno di grande spessore (qui sopra il video integrale) al quale hanno partecipato l’assessore regionale ai Trasporti, Francesco Baldelli, il presidente della Camera di Commercio delle Marche, Gino Sabatini, il presidente dell’Ordine degli Ingegneri Alberto Romagnoli, e l’ingegner Giuseppe Marconi che in passato firmò il progetto di arretramento della Provincia di Ancona. Una battaglia che nasce a Falconara perché siamo la città più sacrificata ma questo non significa che ci troviamo di fronte a una battaglia campanilistica. Tutta la costa, da Rimini fino a Foggia, è chiamata a discuterne. Niente campanilismo, dicevo, ma è chiaro che chi sta affogando ha diritto di dire la propria opinione e di aggregare gli altri e contribuire con gli altri enti al dibattito generale e a portare avanti la questione. Noi vogliamo parlare con gli altri comuni anche se siamo costretti a sottolineare che non c’è ancora un vero dialogo con Ancona. Eppure gli interessi del Capoluogo sono gli stessi nostri. Questa va fatta insieme. Credo che la Regione Marche, tuttavia, sia pronta per fare la sua parte dimostrando di aver avuto un cambio di passo nell’approccio con il quale è riuscita a coinvolgere anche le altre regioni interessate, nel dialogo instaurato con l’Ordine degli Ingegneri della Provincia di Ancona (forti di un interessante progetto di pre fattibilità) e anche nella visione sulle infrastrutture marchigiane a partire dal triangolo logistico Ancona-Falconara-Jesi (porto-aeroporto-interporto). Non voglio sentir parlare di utopie. Se si fosse ragionato così non ci sarebbe stata l’Autostrada del Sole e le grandi opere che tutti conosciamo e lo sviluppo che abbiamo conosciuto e che questo Paese, ne sono certo, conoscerà anche in futuro anche se oggi batte il passo. Noi non chiediamo alla Regione di fare l’arretramento. Non è nelle sue competenze. Chiediamo alla Regione di farsi interprete canalizzando l’azione del Governo centrale, magari in collegamento con altre regioni, questo sì. Con forza e determinazione: è questo che la gente ci chiede come azione politica e strategica. Vedete, credo che le Ferrovie siano una grande azienda. Forse la più grande azienda pubblica privata italiana che però è sempre un organo esecutivo dello Stato. È Roma che deve dare gli input giusti. A Roma spetta la fornitura di indirizzi, strategie e strumenti. Dedico il finale di questo intervento al bypass. Ce lo siamo ritrovati sulle nostre spalle questo “passantino” andato avanti anche contro le proteste di tanti cittadini. Lo abbiamo subito e ci siamo opposti chiedendo garanzie sul suo essere un primo passo per l’arretramento generale. Al contempo abbiamo chiesto compensazioni ulteriori rispetto a quello inizialmente previste. Opere che servivano alla città in termini di viabilità, di verde di piste ciclabili. C’è stato un confronto anche aspro con le Ferrovie e stiamo riuscendo. Ora dobbiamo essere bravi a trasformare in realtà le risorse mette su carta per offrire un futuro a questa città.