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Un voto marchigiano in vista delle Europee
Nei giorni scorsi ho avuto il piacere di moderare un importante incontro nel corso del quale, in vista delle Elezioni Europee, si è ragionato sulla valenza della consultazione rispetto al contesto internazionale. Dopo anni vissuti in un contesto di destabilizzazione del Mediterraneo, viviamo oggi un periodo segnato da conflitti alle porte di casa tra Medio Oriente e Ucraina.
Cosa può fare l’Europa? Stefania Craxi, Presidente della Commissione esteri e Difesa del Senato, nel suo intervento ha messo l'accento sul fatto che in un contesto globale cosi instabile e dagli esiti incerti c'è bisogno di un'Europa forte, coesa e capace di intervenire con voce univoca sulle grandi questioni per non condannarsi all'irrilevanza strategica.
“Per Forza Italia – ha detto la senatrice – serve costruire l'Europa che non c'è, correggere le storture della organizzazione comunitaria in senso più democratico e più rappresentativo abbandonando la logica della guida gerarchica. C'è bisogno di un'Europa attenta ai bisogni concreti dei cittadini, capace di creare crescita e sviluppo, valorizzando le peculiarità nazionali che trovano alimento nei singoli territori”.
Al convegno, ospitato all'Hotel Touring di Falconara hanno preso parte anche l'assessore regionale Stefano Aguzzi, della candidata marchigiana alle elezioni europee per FI Graziella Ciriaci e i sindaci del territorio: la prima cittadina di Falconara, Stefania Signorini, il collega dorico Daniele Silvetti e il sindaco di Numana, nonché coordinatore provinciale di Forza Italia, Gianluigi Tombolini. Va detto che non sempre questa Europa è sembrata all’altezza delle aspettative.
Per troppo tempo “ostaggio” di istanze ideologiche e scellerate dettate dal Partito Socialista Europeo l’Unione Europea è stata vista più come un grande ostacolo, piuttosto che come un’opportunità di competere da europei al pari delle grandi potenze come Stati Uniti e Cina. Occorre dunque ripartire da una pattuglia di eurodeputati forte nella competenza, nella presenza e nella rappresentanza, capace di interpretare e tradurre le istanze delle regioni. Forza Italia Marche schiera, ad esempio, al fianco del presidente Antonio Tajani, la marchigiana Graziella Ciriaci. A lei va il mio sostegno con l’obiettivo di far contare di più la nostra regione a Bruxelles.
Cosa può fare l’Europa? Stefania Craxi, Presidente della Commissione esteri e Difesa del Senato, nel suo intervento ha messo l'accento sul fatto che in un contesto globale cosi instabile e dagli esiti incerti c'è bisogno di un'Europa forte, coesa e capace di intervenire con voce univoca sulle grandi questioni per non condannarsi all'irrilevanza strategica.
“Per Forza Italia – ha detto la senatrice – serve costruire l'Europa che non c'è, correggere le storture della organizzazione comunitaria in senso più democratico e più rappresentativo abbandonando la logica della guida gerarchica. C'è bisogno di un'Europa attenta ai bisogni concreti dei cittadini, capace di creare crescita e sviluppo, valorizzando le peculiarità nazionali che trovano alimento nei singoli territori”.
Al convegno, ospitato all'Hotel Touring di Falconara hanno preso parte anche l'assessore regionale Stefano Aguzzi, della candidata marchigiana alle elezioni europee per FI Graziella Ciriaci e i sindaci del territorio: la prima cittadina di Falconara, Stefania Signorini, il collega dorico Daniele Silvetti e il sindaco di Numana, nonché coordinatore provinciale di Forza Italia, Gianluigi Tombolini. Va detto che non sempre questa Europa è sembrata all’altezza delle aspettative.
Per troppo tempo “ostaggio” di istanze ideologiche e scellerate dettate dal Partito Socialista Europeo l’Unione Europea è stata vista più come un grande ostacolo, piuttosto che come un’opportunità di competere da europei al pari delle grandi potenze come Stati Uniti e Cina. Occorre dunque ripartire da una pattuglia di eurodeputati forte nella competenza, nella presenza e nella rappresentanza, capace di interpretare e tradurre le istanze delle regioni. Forza Italia Marche schiera, ad esempio, al fianco del presidente Antonio Tajani, la marchigiana Graziella Ciriaci. A lei va il mio sostegno con l’obiettivo di far contare di più la nostra regione a Bruxelles.
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Nel rincorrersi di articoli, analisi e dichiarazioni sui problemi più stringenti che tentano di interpretare l’attuale variegata situazione dell’economia marchigiana, in particolare riferita alla provincia di Ancona, merita particolare attenzione l’analisi di Donato Iacobucci, docente di Economia dell’Università Politecnica delle Marche, apparsa lo scorso 28 febbraio sul Corriere Adriatico.
Iacobucci, con estrema chiarezza e puntualità, evidenzia che, a proposito della necessaria internazionalizzazione del sistema produttivo della Regione (intendo non solo l’Ente Istituzione, ma le Marche nel suo complesso e nelle sue varie sfaccettature), deve recuperare l’iniziativa “su diversi fronti: la vendita di prodotti e servizi nei mercati esteri (export); l’attrazione di investimenti da parte di investitori internazionali; gli investimenti nei Paesi esteri da parte delle imprese regionali”.
Come non essere d’accordo con tali affermazioni!
E, al proposito, un’ampia riflessione si impone, al fine di sollecitare nuovi indirizzi e strategie politiche in grado di promuovere e avviare virtuosi filoni commerciali e/o industriali. In assenza delle quali cadrebbe nel nulla o quasi qualsiasi attività di sostegno, sia pure animata da buone intenzioni.
È un tema cruciale, sia che riguardi interventi privati o pubblici.
La scelta della tipologia degli interventi, va detto per onestà intellettuale, non è facile. Essa spesso collide con il tradizionale nanismo delle nostre imprese e con la stentata propensione delle stesse a coordinarsi e a “socializzare” innovazione, know how tecnologico e sinergie collaborative. In questo quadro anche gli interventi previsti dalla Regione Marche e dal pubblico più in generale, sull’onda in particolare delle disponibilità europee, potrebbero non cogliere pienamente il segno, nonostante le buone intenzioni.
La mia idea, che sposerei in linea prioritaria, pur nel necessario bilanciamento della assegnazione delle risorse disponibili, è quella di privilegiare gli aiuti e gli investimenti in modo che gli interventi ad essi connessi possano essere appetibili da parte degli investitori esteri, stando oltremodo accorti a non cadere nella trappola di favorire, anche non volendo, con l’afflusso di capitali freschi il controllo o l’acquisizione di imprese italiane da parte di realtà estere.
L’afflusso di capitale estero e più in generale l’attenzione di carattere strategico da parte delle imprese estere verso quelle domestiche darà sicuramente “una mano” a “rimpolpare” o rendere più consistenti e numerosi anche i servizi aerei che fanno riferimento all’aeroporto di Falconara Marittima, incrementando i voli per quantità e qualità.
A mio modo di vedere, infatti, l’aeroporto deve servire essenzialmente e in via prioritaria per attrarre flussi di traffico dall’estero, in quanto imprese, imprenditori, uomini di affari e turisti possano individuare nella nostra Regione interessi consistenti e reali opportunità. In caso contrario vedo difficile una stagione rosea per l’aeroporto delle Marche.
Infine una notazione per l’avvento di Amazon nella Vallesina.
Assistiamo a un gran parlare, a tratti ad una fibrillazione di opinioni e di aspettative.
Non si tratta di sottovalutare l’avvento di Amazon, né di esserne innamorati a prescindere. Quasi in attesa di una aspettativa salvifica.
Ma dobbiamo essere realistici e guardare nel lungo periodo, non solo ai benefici dell’immediato; anche per tutelarci da reazioni inverse, sempre possibili (la vicenda Caterpillar docet o, se vogliamo, ricordando la triste storia legata alla chiusura della Sadam, ancora non del tutto chiara).
Amazon dovrebbe essere considerata un’irripetibile opportunità per dare forma ad un hub, ampio e articolato, della logistica, che sappia innescare una serie di altre attività, con la presenza di grandi marchi, ma non solo.
L’esempio lo abbiamo, sotto gli occhi, dalla realtà di Colleferro, alle porte di Roma (a volte basta guardare e prendere spunto dal “giardino del vicino”), dove in appena un triennio un’area di 200.000 mq (vedi Inserto de “La Repubblica” del 30 ottobre scorso) sono sorte, attorno ad Amazon, oltre alle grandi aziende, come “Leroy Merlin, Unieuro, Galileo, eccetera, anche circa 60 pmi dall’industria e commercio più tradizionali, ai servizi collaterali (accoglienza, formazione, informatici, agenzie assicurative e immobiliari, scuole di alta specializzazione tecnologica, collaborazioni con l’Università “La Sapienza” e “Tor Vergata”, attività ricettive e del tempo libero, palestre per il relax e il benessere fisico). Il tutto in un quadro di sostenibilità ambientale.
Là dove c’era un’area in forte degrado e pesantemente inquinata, ora è stata realizzata un’encomiabile e concreta riqualificazione territoriale, urbana ed extraurbana, con la creazione di centinaia posti di lavoro, che hanno tutta l’aria di essere duraturi e di qualità.
Anche da noi possiamo vincere una scommessa del genere, pur in un contesto diverso, purché lo si voglia e purché riemerga quella naturale propensione alla inventiva e agli investimenti della nostra struttura imprenditoriale, che tanto grande ha fatto, nel recente passato, la Vallesina e le Marche.
La sfida non è rivolta solo all’intervento pubblico, ma soprattutto ed essenzialmente alla mano privata.
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Aeroporto, la saga del Sanzio nel Teatro dell'Assurdo
Le ultime vicende che si sono avvitate attorno all’aeroporto fanno riaffiorare temi antichi e ne ribadiscono, in maniera sorprendente, la loro prorompente attualità. Riemergono passate vivaci discussioni, unite ad approfondimenti ed elaborazioni, dense di buoni propositi, solo parzialmente risolti. Tutti ricordano o dovrebbero ricordare l’eccezionale vitalità che ebbe l’aeroporto di Falconara e l’intera struttura ed organizzazione aeroportuale in occasione della Guerra dei Balcani. Certo, non fu un bel periodo per quei luoghi e per quelle popolazioni. Anzi davvero nefasto, immerso in una crisi internazionale, di carattere addirittura planetario. E le recenti vicende belliche stanno a testimoniare, sia pure in via indiretta, che non son del tutto in via di superamento. Ma la Storia (Magistra Vitae) anche negativa, sta lì, a ricordarci che può darci dei preziosi suggerimenti e aiutarci a scoprire nuove vie per soluzioni consone ed adeguate.
Con ragionamento diverso, ma sostanzialmente parallelo, Ludovico Scortichini, Presidente di Confindustria Turismo, ricorda (v. Corriere Adriatico del 30/10 u.s.): “Ancona è sì o no la porta dei Balcani? Il suo Porto è sì o no il Porto dei Balcani?” e più avanti “Perché non disegnare la Dorica come hub di quella penisola dell’Europa Orientale delimitata dal Mar Adriatico, dal Mar Nero, di Marmara e dall’Egeo? Si genererebbe una alleanza che potrebbe produrre dei vantaggi”. Come non convenire con tali osservazioni? Il tutto non solo e non tanto in chiave solo turistica, peraltro non disprezzabili, ma nell’ambito di relazioni commerciali globali, interessanti e poliedrici investimenti produttivi, contatti diplomatici, contaminazioni culturali di grande spessore. Tutto ciò, mi chiedo, è stato preventivamente pensato, programmato e messo in pratica dai vari Enti preposti, in campo regionale e nazionale? In carenza di ciò qualsiasi progettazione è destinata a improbabili traguardi. Una siffatta impostazione non è ben chiara, sulla scorta delle scarne notizie a disposizione. Se si creano, ripeto preventivamente, valide prospettive ed opportunità economiche e interessanti business, concreti e misurabili, la questione della identificazione ed utilizzo dei più opportuni vettori aerei diventa, a mio giudizio, del tutto secondaria. Ci sarà, pur sempre, una Società seria, solida, affidabile e ben organizzata disponibile a misurarsi con un coerente effettivo servizio! Non si potrà certamente verificare che i bandi vengano disertati o, peggio ancora, con un solo contendente!
L’Aeroporto delle Marche raccoglie un significativo bacino di utenza per quanto riguarda il traffico passeggeri. I benefici di un aumento dei passeggeri in partenza, ma, soprattutto, in arrivo allo scalo marchigiano si riverserebbero esponenzialmente nel territorio tramite un indotto fatto di tour operator, alberghi, ristoranti, centri commerciali e altro ancora. Il territorio delle Marche, Leader all’interno della Macro Regione Adriatico-Jonica, potendo offrire una rara combinazione di attrattiva turistica e industriale e la base di un vero e proprio “Sistema Regione”, di cui le infrastrutture di trasporto, tra cui l’Aeroporto è una componente principale, e non la sola, costituiscono un imprescindibile volano, se non addirittura il motore. Nel settore del trasporto, infatti, l’offerta può condizionare pesantemente la domanda. Nessuna impresa, tour operator o industria manifatturiera che sia, sarà interessata ad investire nel territorio marchigiano, se non esiste una già consolidata rete di trasporti che possa assisterla.
Tuttavia alla fine la miglior attrice sul palcoscenico del Teatro dell’Assurdo è sempre la burocrazia. Non se ne esce e, anche nel nostro caso, la disputa tra Regione Marche e Atim da una parte e Aeroitalia dall’altra, disfida dell’ala che si sta disputando sulla pista del Raffaello Sanzio, infiammando le cronache di questi giorni, essa è la prima imputata. Seguite il ragionamento. In Italia viviamo in uno stato di elefantiasi burocratica capace di paralizzare, di schiacciare tutte le iniziative. Quante critiche abbiamo sentito negli anni passati per il Codice degli Appalti, di recente modificato dal Governo? Quanti adempimenti deve onorare un imprenditore per poter operare? Quanto costa ai Comuni e quindi ai cittadini. La Cgia di Mestre lo scorso anno stimava in quasi il 27% l’incidenza della burocrazia sul totale della spesa corrente nei Comuni marchigiani. Sempre da Mestre ci dicono che l’eccessivo numero di pratiche richieste costa alle imprese italiane 57 miliardi di euro ogni anno e che le Marche, dal punto di vista dell’efficienza amministrativa sono al 149esimo posto su 208 in tutta Europa (la prima delle italiane è la Provincia di Trento al 100esimo posto, tanto per capirci).
Veniamo ora al Sanzio e ad Aeroitalia. L’azienda ha vinto, da unica partecipante, il bando Enac per i voli di continuità. L’attività della compagnia, tuttavia, era già nota, in negativo, per le vicissitudini di Forlì (collaborazione interrotta dalla società di gestione dell’aeroscalo per inadempienza tra voli cancellati, ritardi, eccetera) e per quelle in Sardegna (con Federalberghi sulle barricate per gli stessi motivi). Fatte tutte queste considerazioni, sono anche convinto che Enac abbia svolto la gara ligia alle normative vigenti. E proprio per questo credo che se dopo tutti i Durc, i pareri Anac, le visure, i certificati giudiziari e antimafia e i carichi pendenti del mondo e tutta la restante mole di carta che occorre presentare per partecipare a un bando di gara pubblica il risultato è questo allora è chiaro che queste leggi non funzionano. Assolvono la forma, così da far stare tranquillo il burocrate di turno, ma non la sostanza. Che in questo caso ha la forma di un cittadino con la valigia in mano, fermo a scrutare un cielo che non potrà solcare. La politica ne prenda atto e sappia intervenire dove necessario per riportare il primato a un FARE, oggi detronizzato dall’APPARIRE. L’auspicio è che la Regione Marche abbia la forza di far volare anche quel cittadino e, allo stesso tempo, difendere con le unghie e con i denti gli interessi della comunità marchigiana.
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Accoglienza e solidarietà sono valori che vanno di pari passo con la razionalità
Da qualche giorno a questa parte si dibatte soprattutto ad Ancona (ma la questione essendo comune abbraccia un quadro molto più ampio) sull’accoglienza di migranti. Il sindaco Daniele Silvetti ha fatto presente che la Dorica è in forte affanno nel prendersi cura delle persone che finora sono state soccorse e assegnate al nostro territorio (circa 400 in due mesi) e, pur non sottraendosi alla solidarietà, ha sollevato la questione. Subentrano questioni di salute (degli stessi migranti che non possiamo certo stipare), di certezza del diritto (nel gestire chi ha i requisiti per richiedere lo status di rifugiato e chi invece andrebbe rimpatriato) e anche di sicurezza delle città.
Al Governo nazionale spetta l’improbo compito di rivoluzionare l’atteggiamento europeo nei confronti degli sbarchi da vedere e affrontare come una questione continentale, non prettamente locale. In attesa di nuove dai piani alti, al tempo stesso, è chiaro che non si possono abbandonare gli enti locali, già alle prese con le difficoltà di tutti i giorni per far quadrare i bilanci, erogare servizi ai propri cittadini, fronteggiare le varie emergenze interne.
Al Governo nazionale spetta l’improbo compito di rivoluzionare l’atteggiamento europeo nei confronti degli sbarchi da vedere e affrontare come una questione continentale, non prettamente locale. In attesa di nuove dai piani alti, al tempo stesso, è chiaro che non si possono abbandonare gli enti locali, già alle prese con le difficoltà di tutti i giorni per far quadrare i bilanci, erogare servizi ai propri cittadini, fronteggiare le varie emergenze interne.
Vi faccio un esempio. Ai sindaci vengono affidati i minori non accompagnati che devono essere posti in apposite strutture di accoglienza. Le rette sono a carico del Comune. Lo Stato, in questo caso la Prefettura, assegna un compito all’ente locale che è costretto a provvedere in toto a questa incombenza. A Falconara spendiamo quasi un 1 milione di euro all’anno per assolverla. Un carico appesantisce ulteriormente un bilancio già complicato per la faciloneria amministrativa della sinistra degli anni passati (sì, continueremo a parlarne finché non saranno estinti i mutui contratti sulle spalle dei falconaresi e quindi almeno per altri 20 anni) e che ad oggi non ci possiamo permettere.
Risorse che il Comune avrebbe potuto spendere per, ad esempio, agevolazioni alle famiglie meno abbienti, servizi sociali e scolastici. E invece no. Lo Stato demanda un servizio proprio ai Comuni senza riconoscere ad essi nessun rimborso. Già solo su questo ci sarebbe da ridire ma c’è un ulteriore aspetto da valutare. E cioè che nel pur sacro rispetto del principio LAICO di aiuto a chi ha bisogno va valutata serenamente la capacità che ha il Sistema Paese in questo senso. Di certo non siamo in grado di salvare da soli tutta l’Africa. Quanti ce ne possiamo permettere? Così come siamo adesso stiamo dando un pessimo servizio a tutti. Ai cittadini, prima di tutto, e agli stessi migranti.
Risorse che il Comune avrebbe potuto spendere per, ad esempio, agevolazioni alle famiglie meno abbienti, servizi sociali e scolastici. E invece no. Lo Stato demanda un servizio proprio ai Comuni senza riconoscere ad essi nessun rimborso. Già solo su questo ci sarebbe da ridire ma c’è un ulteriore aspetto da valutare. E cioè che nel pur sacro rispetto del principio LAICO di aiuto a chi ha bisogno va valutata serenamente la capacità che ha il Sistema Paese in questo senso. Di certo non siamo in grado di salvare da soli tutta l’Africa. Quanti ce ne possiamo permettere? Così come siamo adesso stiamo dando un pessimo servizio a tutti. Ai cittadini, prima di tutto, e agli stessi migranti.