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Andiamo oltre la certezza della pena e chiediamo la "certezza del rimpatrio"
“Ci vediamo presto”. Una frase, un avvertimento, pronunciato da uno straniero arrestato per resistenza dai carabinieri di Falconara ma con già, nel suo curriculum criminale, precedenti per droga e rapina. Detto mentre i militari lo stavano accompagnando al Cie di Torino per essere espulso. Frase che ci dà la temperatura di come leggi farraginose della nostra povera Italia siano percepite da chi delinque. Lo rivedremo? Lui non so ma è certo che di casi come questo ne sono piene le pagine dei giornali nelle cronache cittadine. Di pochissimi giorni fa la notizia di un ghanese, richiedente asilo, arrestato ad Ancona per spaccio e subito rimesso in libertà nonostante su di lui pendesse un decreto di espulsione. Lo stesso Oseghale dei fatti di Macerata era in Italia non si sa a che titolo. Non aggiungo altro perché l’elenco rischia di diventare chilometrico. Mi chiedo però, come amministratore locale, quale può essere la risposta di un Comune di fronte a questa situazione che, per troppo buonismo, rischia di trasformare la necessaria accoglienza a chi scappa da paesi poveri, in guerra, privi di diritti civili, in scontro sociale davanti all’impotenza dello Stato di regolamentare il fenomeno.
I rimpatri, come nel caso del “campione” di Falconara, dovrebbero essere all’ordine del giorno. La tendenza, invece, tutta politica, è quella di mettere la polvere sotto il tappeto. Ad Ancona il problema è del Piano, lontano dai quartieri bene. A Jesi c’è Portavalle. Dai noi, a Falconara, la percezione di insicurezza dovuta alla presenza di stranieri è più marcata nel centro cittadino dove si sono concentrate le famiglie. La stragrande maggioranza di queste persone ha lavoro, figli che vanno a scuola e pian piano si integrano con i nostri figli, con i nostri nipoti. Li si vede giocare in piazza Mazzini, andare a passeggio, praticare sport nella stessa squadra. Se per vari motivi l’integrazione è difficile (ma non impossibile, ovvio) per i genitori, arrivati da paesi lontani e con tradizioni diverse dalle nostre, con un approccio alla socialità lontano dal nostro modo di pensare, tendenti a restarsene in disparte in comunità chiuse piuttosto che aprirsi, per questi ragazzi l’obiettivo è molto più a portata di mano. Non si può, tuttavia, gioire e basta. Ne pensare che gli esempi virtuosi vadano a eliminare in automatico le storture. C’è un’immigrazione che delinque e che va estirpata.
Il richiedente asilo, in attesa, deve poter contare su tempi certi. Se delinque, deve essere espulso. Fisicamente, non basta una carta bollata. Stesso discorso per gli stranieri irregolari. O per i regolari, anche comunitari, che hanno scambiato l’Italia per un Bengodi dove tutto è permesso perché tanto nessuno paga. Ai cittadini non basta più la certezza della pena. Serve la certezza del rimpatrio coatto. Ovvio che un Comune, da solo, non può fare molto. Possiamo però metterci del nostro segnalando, come abbiamo sempre fatto, le situazioni dubbie alle autorità competenti mantenendo però ai primi posti la battaglia politica per chiedere alla Questura, misure più stringenti. Espulsioni. Punto. Perché la pazienza ai minimi termini porta con sé anche nocumento anche a tutti quegli stranieri che vogliono vivere in armonia la loro vita in questo Paese. E se questo porterà danno economico a qualche cooperativa connivente che con l’immigrazione ci fa affari, poco importa. I cittadini, ovvero tutti coloro che fanno parte di una comunità sociale rispettandone le regole, hanno sempre la priorità. Per tutti gli altri, occorre un inderogabile pugno di ferro.
ps. mentre vi scrivo arriva la notizia da Lecco dell'agente Polfer picchiato dal branco che poco prima sfotteva con lo slogan "Tanto siamo profughi, non potete farci nulla". Accendete i motori, facciamo loro cambiare idea con dimostrazioni pratiche di serietà.
ps. mentre vi scrivo arriva la notizia da Lecco dell'agente Polfer picchiato dal branco che poco prima sfotteva con lo slogan "Tanto siamo profughi, non potete farci nulla". Accendete i motori, facciamo loro cambiare idea con dimostrazioni pratiche di serietà.
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Nei giorni scorsi abbiamo presentato la lista di candidati che, sotto il simbolo di Uniti per Falconara, supporta la candidatura a sindaco di Stefania Signorini. È il gruppo con il quale mi sono presentato nel 2013 e per il quale ho lavorato in giunta in questi anni di mandato. È anche la lista della coalizione che la volta scorsa ha preso più voti e che, in questa occasione, ha espresso Stefania come candidata. Oltre a me ci sono, come capolista il sindaco uscente Goffredo Brandoni, i colleghi di giunta Giorgia Fiorentini e Raimondo Mondaini e i consiglieri uscenti Marco Giacanella, Maurizio Andreoni, Raimondo Baia, Stefania Marini. Completano la lista nomi facenti parte della società civile falconarese. Siamo stati la forza motrice dell’amministrazione uscente e lo vogliamo essere anche in quella futura avendo come stella polare del suo agire il bene della Città.
Il suo agire, l’agire che unisce le forze dei suoi candidati, si racchiude nel motto che accompagna questa lista: L’UNITA’ DI UN GRUPPO PER GUIDARE IL PROGRESSO, IL BUON SENSO PER GUIDARE LA CRESCITA. La nostra volontà è quella che di continuare ad agire nel solco della precedente legislatura, che bene ha governato e guidato il Comune di Falconara, con umiltà e spirito di sacrificio. Senza voli pindarici ma con la concretezza e la lungimiranza che hanno contraddistinto questi 10 anni di amministrazione Brandoni, tenendo sempre in primo piano la situazione economica, ereditata da decenni di amministrazioni dissennate portate avanti da chi ci ha preceduto, ma non trascurando i nostri doveri nei confronti della città che amiamo e nella quale viviamo.
Ci sono progetti avviati, iter burocratici che hanno iniziato il loro cammino, che vorremo portare a termine. Progetti destinati a cambiare in meglio la nostra città. Parliamo di Centro Storico per il centro di Falconara, di bonifica e recupero del sito ex Montedison, di ripristino e rifacimento di piazza Libertà a Castelferretti, di ristrutturazione del palasport Badiali solo per citarne alcuni. Progetti concreti attraverso i quali la nostra città potrà trovare nuovo impulso per proseguire il cammino intrapreso, si creeranno nuovi posti di lavoro e vecchi problemi troveranno soluzione. Sono certo che la strada da percorrere è lunga ma, con l’aiuto della cittadinanza che vorrà darci fiducia alle prossime consultazioni elettorali del 10 Giugno, siamo certi di riuscire a farne un lungo tratto.
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Api, industrie e popolazione, servono serietà e maggiore comunicazione
Quando si parla di "puzze", emissioni maleodoranti in atmosfera, ci si addentra sempre in un campo minato. Proverò ad affrontare la questione con lucidità ma, soprattutto, serietà. Che è poi, quest'ultima, la direttrice che ogni amministratore, o aspirante tale, dovrebbe seguire. Non sempre è così ma, per quello che mi riguarda, cerco di farne un marchio di fabbrica. Nel tardo pomeriggio di ieri, giovedì 12 aprile, in più parti della città si è avvertito un forte odore di gas. Cosa ha fatto il Comune? Già dalle prime segnalazioni al numero verde 800.122.212 che abbiamo proprio per consentire ai cittadini di segnalare emergenze è stata inviata alla Raffineria Api una pattuglia della Polizia Locale. Con i nostri agenti c'erano anche i vigili del fuoco, i carabinieri e l'Arpam. È emerso che a seguito di una fuoriuscita di prodotto dal tetto di una delle cisterne in manutenzione – rimasto contenuto in quell'area – è stato utilizzato un prodotto per riportare alla normalità la situazione che avrebbe potuto generare il fenomeno odorigeno che poi è stato effettivamente avvertito dalla popolazione. Appena avuto contezza dei fatti li abbiamo comunicati attraverso il sito istituzionale del Comune di Falconara Marittima e sul numero Whatsapp con il quale i cittadini hanno allacciato da qualche tempo un canale diretto di comunicazione. In tempi di campagna elettorale permanente ci sono piovute comunque critiche addosso. Ci sta e non sono qui a recriminare o a vantare una perfezione che, pur punto al quale slanciarsi, è impossibile da raggiungere. Il ragionamento che faccio è ben altro. Nell'epoca delle all news, ma anche delle fake news, dobbiamo rivedere i sistemi di comunicazione interna (tra Enti) ed esterna (nei confronti dei cittadini). E l'aumentata sensibilità verso il tema della salute e dell'ambiente che spinge verso una più rapida informazione.
Diamo un'occhiata spannometrica agli orari di questa vicenda. Le prime segnalazioni del fenomeno sono arrivate verso le 18/18.30. Gli agenti della Municipale sono subito arrivati in Raffineria ma, in un primo momento, non sono state escluse altre fonti di origine. Le Istituzioni non sono la comare alla finestra che chiacchiera con la vicina. Non additano senza aver prima verificato. Mentre erano in atto i controlli, ovviamente quelli alla Raffineria erano i più "visibili" anche per il tam tam mediatico che ne è seguito sui social, ci siamo messi in contatto con l'azienda e appena abbiamo avuto la certezza della provenienza del fenomeno l'abbiamo comunicata. Alle 20.29 il sindaco Goffredo Brandoni ha rilanciato il comunicato istituzionale già pubblicato sul sito sulla sua pagina Facebook. Alle 20.41 lo stesso, con link al sito, è stato inviato ai cittadini iscritti al numero Whatsapp. Cosa è successo nelle due ore tra le prime segnalazioni e la risposta? La struttura comunale e gli enti sovraordinati hanno lavorato per accertare tutti gli aspetti del fenomeno. Chi parla di approssimazione da parte nostra non ha la minima idea di cosa si stia parlando. Detto questo non sono certo il tipo che si accontenta. Proprio in virtù della maggior volontà di essere informati dico che vanno rivisti parecchi aspetti di quelli che sono i rapporti tra gli Enti e le imprese industriali del territorio che hanno impatti di questo tipo. Api e non solo. Non voglio scomodare il "telefono rosso" tra Kennedy e Krushov ma un qualcosa di simile è da prevedere. Il Piano di Emergenza Esterno prevede che il Comune sia attenzionato anche in caso di Incidente di Categoria 1. È il più basso della scala, gestibile con forze interne alla Raffineria ma che potrebbe avere ripercussioni e creare timori tra la popolazione.
È il nostro caso. Il PEE attuale prevede comunicazioni solo per le Categorie di incidente 2 e 3. Prima della sua revisione, avvenuta grazie a questa amministrazione nel 2014, la Categoria 1 non veniva nemmeno comunicata al Comune. Siamo stati noi a chiedere che si allargasse. Ora, a quattro anni di distanza, ritengo sia necessario un maggior impegno da parte di tutti. Perché se da una parte dobbiamo accogliere l'istanza di maggior informazione che la cittadinanza chiede sull'origine dei fenomeni, sulla loro durata e sulla loro eventuale nocività per la salute, dobbiamo anche arginare l'azione di un chiacchiericcio becero e interessato che punta a spaventare, più che a informare veramente. Che addita l'Api come l'origine di tutti i mali, da chiudere senza se e senza ma. E che dipinge noi amministratori quali umili maggiordomi al soldo di padron Brachetti Peretti. Posso sorvolare sul diffamatorio nei nostri confronti ma perorare la chiusura di un'azienda che dà lavoro a centinaia di famiglie è da irresponsabili. Per questo, in definitiva, dico: mettiamoci a sedere e miglioriamo le procedure del Piano. Ragioniamo, ognuno per le sue competenze, a come perfezionare le nostre azioni. Contro chi fa dell'allarmismo uno stile di vita, noi issiamo la bandiera della serietà.
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Aeroporto Sanzio, si gioca sempre al ribasso o a distruggere: quando vi date la sveglia?
Sul Corriere Adriatico di alcuni giorni fa il prof Donato Iacobucci, docente di Economia all'Università Politecnica delle Marche, ha firmato un interessante approfondimento sui dati forniti da Aerdorica. L'aeroporto Sanzio nel 2017 ha registrato una crescita del traffico merci del 5,7% rispetto all'anno precedente andandosi ad attestare ai livelli del 2007, prima della crisi. Tuttavia nello stesso decennio il traffico cargo degli aeroporti italiani è cresciuto dell'11,3%, fa notare Iacobucci. Stesso discorso per quanto riguarda i passeggeri, sostanzialmente gli stessi del 2007, ma in un sistema Italia che ha visto il traffico aeroportuale aumentare del 29%. In pratica siamo fermi mentre i competitor corrono. Dieci anni fa l'aeroporto di Pescara era dietro di noi come traffico passeggeri, oggi vede quasi 200mila persone più del Sanzio. Tante questioni pesano sulla gestione del nostro aeroporto. Iacobucci fa un'analisi interessante, ma si concentra, più che altro e un pò come tutti, sulla possibilità attraverso il marketing territoriale di aumentare i passeggeri e reputa "poco felice" la posizione logistica della struttura. Questo non mi trova d'accordo e, come ho avuto modo di dire in più occasioni, la nostra mission principale risiede nel traffico merci, facendo triangolare aeroporto, interporto e porto. Tre strutture in 30 chilometri, un unicum italiano che andrebbe sfruttato. Ovvio che al momento la situazione della società di gestione dello scalo sia parecchio delicata. Anche perché il governo regionale pare non sappia che pesci prendere, salvo tirar fuori dal cilindro l'ennesima iniezione di denaro pubblico. (oltre 20 milioni, mica bruscolini). Dall'altra parte c'è chi batte sulla grancassa per mettere in liquidazione la società e ripartire con una newco immacolata.
Andiamoci cauti. Diciamo subito che, pur nelle difficoltà del caso, è fortemente in dubbio che far fallire Aerdorica sia la cosa migliore. Lo dico non solo pensando ai dipendenti (non tutti troverebbero un riassorbimento nella nuova compagine), ma anche ai tanti fornitori, imprese del territorio, verso cui Aerdorica è debitrice. Che ricaduta avrebbe un fallimento qualora nessuno si accollasse il buco pregresso? Facciamo come Banca Marche? Non mi pare davvero il caso. La strada maestra è quella di sfruttare l'occasione del soccorso regionale ma senza, stavolta, sbagliare strada, bensì collegandola a un disegno strategico di grande valore. Basta strapparsi i capelli se non riusciamo ad avere un volo per Roma! La nuova viabilità stradale e i treni (purché rispettino le tabelle di marcia) dicono che l'ala deve puntare ad altro. Ancona, le Marche debbono guardare ad Est. Alla Cina, dove ad esempio le esportazioni di vino italiano hanno superato i 130 milioni di euro con un aumento del 29% nel 2017. Alla Russia dove l'export marchigiano ha fatto segnare un +21%. Il Made in Italy che il mondo ci invidia, se vuole, può spiccare il volo proprio dallo scalo della regione che, tra l'altro, è anche tra le realtà più manifatturiere d'Italia. La chiave di volta è questa. Merci che arrivano e ripartono su ala, su ferro o su gomma a seconda delle opportunità in un sistema integrato di servizi. Il che impone, vista la passata esperienza, un nuovo management che sia professionalmente valido, di alto standing per competenze comprovate nel settore dei trasporti internazionali.
Come città di Falconara e Amministrazione Comunale teniamo molto al futuro e alla funzionalità dell'aeroporto che abbiamo l'onore, ma anche l'onere di ospitare. Ma non possiamo non rilevare, oltre alla incertezza dell Regione Marche che tutto fa meno che promuovere una reale cooperazione fra i diversi soggetti pubblici e privati, la pesante latitanza di imprenditori di livello e del sistema imprenditoriale marchigiano nel suo complesso attorno al tema aeroportuale. Senza una vera alleanza, concreta e non conclamata, non c'è partita per l'aeroporto. Non può avere futuro. Da qualche parte, anche autorevole, è stato decretato che l'Interporto di Jesi non serve più, con buona pace di tutto ciò che è stato elaborato e impegnato, sia a livello progettuale che finanziario fino ai tempi più recenti. Fare dell'interporto il deposito dei farmaci e la centrale del 118 può essere comodo nell'immediato, ma vi sembra un progetto di largo respiro? A me, no. Pare il solito gioco al ribasso che non porta da nessuna parte. Quando non fa ulteriori danni.
Se ciò fosse confermato, mi sembra evidente, e lo dico con rammarico, che in queste contrade non siamo in grado di pensare, investire e rischiare come una moderna sfida per lo sviluppo imporrebbe in un mondo globalizzato. Così si muore di asfissia, percorrendo un lento e inesorabile declino. E, infine, la latitanza più grande, altisonante ed evidente. Quella di nessuna politica seria, complessiva, di indirizzo generale del sistema aeroportuale, nel necessario quadro di rapporti europei e internazionali, che viene dal Governo Centrale. Quest'ultimo, sostanzialmente, tace, pare abulico, non detta le linee o il quadro normativo entro cui lo stesso sistema delle imprese può giocare il ruolo che le compete in una sana logica concorrenziale e di alleanza fra i vari gruppi economici ed industriali. A quando la sveglia, prima che il declino diventi davvero inarrestabile?