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Perché è fondamentale avere il Centro Storico
Facendo quattro passi per il centro di Falconara non passa inosservato il senso di caos. Prendiamo ad esempio piazza Mazzini. Devastata da un insensato modernismo nei primissimi anni '90, spogliata delle sue aiuole fiorate per far spazio a una spianata di porfido che d'estate, complici le fioriture degli alberi (anche quelli anni '90), diventa rovente e anche appiccicosa. I palazzi attorno? Il Centro Pergoli e una parte del suo lato sinistro in stile. Poi palazzi e ancora palazzi sui quali svetta il civico 90 di via Bixio che ospita l'ufficio postale. Per capire cosa è successo occorre fare un passo indietro. A quando Falconara era solo in collina e la cosiddetta Frazione Marina contava poche case. L'impulso iniziale arrivò con la stazione nei primi anni dell'Unità d'Italia. Siamo cresciuti alla rinfusa proprio perché non avevamo norme ad accompagnare uno sviluppo armonico. Solo il Piano Regolatore del 1999, approvato definitivamente nel 2003 e ancora in vigore, ha dettato norme più chiare e decisamente vincolistiche. Ma tant'è ormai lo scempio era cosa fatta! Tornare indietro non sarebbe possibile. Per questo l'amministrazione comunale ha deciso di perseguire la strada del Centro Storico.
L'idea è quella di salvaguardare quanto di buono esiste e andare a incidere su quello che può essere risanato. L'iter partecipato ha coinvolto più di 200 attori tra cittadini, associazioni di categoria, negozianti, professionisti che hanno voluto suggerire migliorie. L'iter burocratico ha ottenuto l'ok all'unanimità del consiglio comunale. Maggioranza e opposizione si sono dette d'accordo (una rarità in politica) su questo rilancio. Grazie al Centro Storico si potrà meglio intervenire sul decoro, creare incentivi per il risanamento la ristrutturazione degli isolati, il rinnovamento e l’insediamento di nuovi esercizi commerciali puntando sulla specializzazione e sulla qualità. Il nostro obiettivo è quello di defiscalizzare i vari canoni relativi all’insediamento degli esercizi commerciali e l’abbattimento significativo degli oneri di urbanizzazione secondaria del 50%, unitamente all’obbligo di reinvestire tali oneri negli stessi isolati oggetto di ristrutturazione per il quale sarà creato uno speciale capitolo di bilancio. Ora spetta alla Provincia di Ancona pronunciarsi e poi l'atto dovrà tornare nuovamente in Consiglio Comunale per l'approvazione definitiva. Un percorso lungo e con diversi ostacoli ma qualcuno doveva pur iniziarlo.
L'idea è quella di salvaguardare quanto di buono esiste e andare a incidere su quello che può essere risanato. L'iter partecipato ha coinvolto più di 200 attori tra cittadini, associazioni di categoria, negozianti, professionisti che hanno voluto suggerire migliorie. L'iter burocratico ha ottenuto l'ok all'unanimità del consiglio comunale. Maggioranza e opposizione si sono dette d'accordo (una rarità in politica) su questo rilancio. Grazie al Centro Storico si potrà meglio intervenire sul decoro, creare incentivi per il risanamento la ristrutturazione degli isolati, il rinnovamento e l’insediamento di nuovi esercizi commerciali puntando sulla specializzazione e sulla qualità. Il nostro obiettivo è quello di defiscalizzare i vari canoni relativi all’insediamento degli esercizi commerciali e l’abbattimento significativo degli oneri di urbanizzazione secondaria del 50%, unitamente all’obbligo di reinvestire tali oneri negli stessi isolati oggetto di ristrutturazione per il quale sarà creato uno speciale capitolo di bilancio. Ora spetta alla Provincia di Ancona pronunciarsi e poi l'atto dovrà tornare nuovamente in Consiglio Comunale per l'approvazione definitiva. Un percorso lungo e con diversi ostacoli ma qualcuno doveva pur iniziarlo.
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CONTRO OGNI IPOCRISIA!
Si percorre un terreno impervio e assai minato nel parlare dei tragici fatti che nei giorni scorsi hanno scosso Macerata, pacifico, industrioso, nonché bellissimo capoluogo di Provincia delle nostre Marche. Insidie legate soprattutto alla tendenza tutta italiana di non analizzare i fenomeni nel loro formarsi, ma di reagire dopo, maledettamente dopo, spesso per fazioni che urlano slogan. Ragionando per tendenze ideologiche, però, non si va da nessuna parte. Quali sono i dati che abbiamo in mano al momento? Una ragazza, che stava cercando di risolvere i suoi problemi di tossicodipendenza e, probabilmente, esistenziali, se ne va dalla comunità di recupero che, in teoria, si sarebbe dovuta occupare di lei e muore, orrendamente trucidata. Uno straniero, richiedente asilo, al quale era stato negato lo status di rifugiato, al quale viene consentito, sostanzialmente e impunemente, di dileguarsi. L’associazione che lo “gestiva” dice di averlo allontanato dal progetto e a quel punto mi chiedo – un po’ tutti se lo chiedono - perché lo Stato non abbia provveduto ad un rimpatrio immediato. Risulta che addirittura avesse presentato un ricorso al Tar. Leggiamo dalle cronache che è rimasto a Macerata e orbitava (indisturbato?) nel giro dello spaccio. Con lui, altri tre connazionali indagati la cui permanenza in Italia va contro ogni principio di serietà dello Stato.
E poi abbiamo un italiano che per reazione si arma di una pistola e s’inventa vendicatore in preda a una lucida follia. Comprensibile l’esasperazione nella popolazione. Non è accettabile, né giustificabile quanto avvenuto. Molte sono le cose da dire. Tutte argomentate. Ma vorrei andare alla radice (o a una delle radici), spesso dimenticata o sottovalutata, stante anche il provincialismo di cui, noi italiani, siamo spesso attori o vittime. Non è civile un Paese che permette a tutti, in maniera indiscriminata, di entrare. Apparentemente una seria e rigorosa regolamentazione sembra un limite per la coesistenza pacifica e per lo stesso sviluppo della democrazia di un Paese. Ma non è così. Anzi. Le regole e la loro pratica attuazione pongono le basi sociali ed economiche per garantire il nostro stesso sviluppo. Misurano il nostro grado di civiltà, ma anche il grado di amore che nutriamo per la nostra comunità. Diversamente mina la stessa vitalità di uno Stato e ne condiziona in maniera grave il futuro.
Dico di più. Allo stato attuale delle cose occorre fare un passo indietro e bloccare, con tutti mezzi i flussi migratori. E’ una emergenza e come tale va affrontata. Altrimenti si rischia di dare un messaggio diverso e contraddittorio. E’ questo il provvedimento che chiedo al Governo. Un Governo degno di questo nome! Sono convinto che il miglior alleato del razzismo sia il buonismo a tutti i costi. L’assenza o la presenza di flebili regole, alla lunga, finiscono per non essere apprezzate neanche dagli stessi stranieri. E a conti fatti e in questa delicata fase, dato che i danni sono già stati fatti, la gestione risoluta del fenomeno migratorio tutela non solo noi, ma anche gli stessi migranti.
“Noi siamo per la legalità. Non è colpa dei maceratesi, ma dei nigeriani. Siamo stufi di vederli girare davanti ai negozi, davanti alle chiese a chiedere l’elemosina.” A parlare non è un leader leghista, ma Sammy Bounon, Presidente ddell’Associazione Nazionale Oltre le Frontiere, durante il sit in organizzato dai nigeriani a Macerata. “Siamo stufi –ha concluso il suo intervento intervistato dal Tgr Marche del 4 Febbraio- vogliamo nigeriani onesti che lavorano. Noi nigeriani perbene vogliamo stare in pace”. È razzismo? O si tratta di buon senso? L’assenza di regole, ma soprattutto di pene severe e certe, in un quadro di indigesto lassismo danneggia anche gli stessi stranieri che vogliono integrarsi. Il sindaco Pd di Macerata, Romano Carancini, intervistato dal Resto del Carlino ha detto che “Non è possibile che quando qualcuno esce dai programmi venga abbandonato a sé stesso e sia inevitabilmente dedito alla illegalità, devono essere trovati luoghi sicuri in cui attendere la decisione definitiva, mentre gli irregolari devono essere riaccompagnati, senza indugio, alle loro terre”. Parole che accolgo con favore.
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Basta giustificazioni e sciocchezze: sul gestore unico dei rifiuti la bocciatura del Tar è sonora, non recuperabile e costerà ai cittadini
Il pasticcio sul gestore unico dei rifiuti, stoppato dal Tar nei giorni scorsi, sta generando uno strascico di dichiarazioni sulle quali ci sarebbe da sorridere se non ci fossero di mezzo i soldi dei cittadini. Sul punto il sottoscritto, come per altro il Comune di Falconara in sede di Ata, si è già espresso in tempi non sospetti. Non contrario a priori ad un affidamento a una partecipata 100% pubblica sostenevo e sostengo (leggasi qui il post precedente) che sarebbe sempre opportuno avviare una gara d'appalto aperta ai privati. Se non altro per confrontare i costi, i servizi aggiuntivi, le possibili condizioni migliorative che possono nascere dal mercato. Che non è, badate, il bene assoluto. Ma nemmeno un demonio innominabile. Sta al pubblico, poi, sempre, il compito di vigilare attentamente su quanto stabilito nel contratto di servizio e revocare l'appalto in caso di inadempienze. Come è finita è noto. Il no falconarese a un affidamento in house a Multiservizi, insieme a Jesi, Fabriano, Monsano e Belvedere Ostrense, è stato battuto dalla maggioranza dei Comuni, Ancona e sindaco Valeria Mancinelli in testa. I privati, la nostra Marche Multiservizi (mista pubblico/privata) e Rieco, hanno quindi presentato un ricorso al Tar che, accolto, ha bocciato l'affidamento.
Quel che stupisce ora non è tanto il risultato ma le argomentazioni che i promotori del Sì (Ancona, Osimo e numerosi comuni a guida Pd) portano per giustificare la sconfitta. Il sindaco dorico Mancinelli, ad esempio, parla di progetto "facilmente emendabile", la Provincia di Ancona, guidata da Liana Serrani di possibilità di "correggere il tiro sulle questioni indicate nella sentenza del Tar", mentre il primo cittadino di Osimo, Simone Pugnaloni è dell'idea che basterà consultare i legali dell'Ata per trovare una soluzione "in tempi rapidi". L'unico dem fuori dal coro, parecchio defilato, pare essere il sindaco di Senigallia Maurizio Mangialardi che sta valutando l'idea di non attendere i tempi di un eventuale appello al Consiglio di Stato facendosi una gara a sé per il proprio comune. Questo perché, a meno di ipotetici ordini di scuderia, non è un fesso. Sa bene che la partita, per come è stata impostata, è finita. Tant'è che anche noi, a Falconara, ci stiamo chiedendo se attendere un'improbabile via d'uscita o se provvedere alla tanto agognata gara che ci vedrebbe togliere quella maglia nera della tassazione più alta della provincia, causata da un contratto capestro decennale sottoscritto dal centrosinistra prima del nostro arrivo.
Per capire l'impossibilità di procedere con l'affidamento diretto a Multiservizi e bollare le dichiarazioni sopra riportate e quelle venture basta dare una letta alla sentenza del Tribunale amministrativo. O in alternativa, leggersi l'esauriente articolo scritto da Lorenzo Sconocchini sul Corriere Adriatico di mercoledì 17 gennaio. Il quale spiega, esaurientemente, che la bocciatura non riguarda l'affidamento in house come istituto ma, soprattutto, i soggetti ai quali si voleva affidare il servizio: Multiservizi e Econfon. Entrambe non hanno i requisiti. La prima perché con le sue partecipazioni nei campi dell'energia (Edma, Edma reti gas, Estra Energie, Prometeo, eccetera) ricava fatturati da attività non affidate dai soci. La seconda perché considerata il paravento che nasconde l'osimana Astea, in parte partecipata dai privati. La curiosità, al momento, è capire quali emendamenti presenterà l'Ata per tornare alla carica: l'unico che mi viene in mente è quello di cambiare affidatario e trovarne uno adeguato. Ma chi glielo andrà a dire a Multiservizi che già pregustava un appalto da 1 miliardo di euro, affidato senza competitori fino al 2031? Altra balla che gira è che le spese per i contenziosi – in primo grado compensate tra le parti – non ricadranno sui cittadini. La verità è che non ricadranno sulle casse comunali ma, ad ogni modo, l'Ata dovrà pagare e il suo bilancio proviene (indovinate un po') dalla tasche dei cittadini che pagano le utenze.
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Trent'anni fa la tragedia di Badiali: da allora quanta strada sulla prevenzione
Il ricordo di Gianfranco Badiali è ancora molto sentito a Falconara. Chi non lo ha conosciuto personalmente, vuoi perché magari non appassionato di volley, vuoi perché giovane oppure perché arrivato in città da poco, ne avrà sicuramente sentito parlare. Un po' per quella memoria perpetuata dall'intitolazione del palas cittadino di via dello Stadio. E un po' perché la sua scomparsa, causata da un melanoma, trascurato e curato quando era troppo tardi, ha dato il là a numerose campagne di sensibilizzazione e prevenzione in suo nome. Quest'anno ricorrono i 30 anni da quel fatale 8 gennaio 1988, giorno della morte del Gigante Buono, come lo chiamavano i tifosi. Il Gruppo Amici per lo Sport, alla guida di una nutrita pattuglia di altre associazioni, dal 9 al 13 gennaio lo ricorderà con un convegno e una settimana di visite di prevenzione gratuite. L'8 gennaio, nell’aula magna del Liceo Scientifico Sportivo “Livio Cambi” (ore 9.30), si terrà il convegno “Prevenire è vivere” dedicato a nei e nevi. Nel pomeriggio, al PalaBadiali, sarà invece celebrata la messa dall'arcivescovo Angelo Spina. Le visite ambulatoriali inizieranno il giorno successivo, il 9, e andranno avanti fino al 13 gennaio. Al Centro Pergoli saranno allestiti 6 ambulatori. Occorre prenotarsi sul sito www.gruppoamiciperlosport.it e già siamo a oltre 600 pazienti che saranno visitati dai dermatologi che hanno aderito all'iniziativa.
"Prevenire significa vivere", come giustamente insistono quelli del Gas. E, aggiungo io, contribuiscono a migliorare la qualità della vita sia dei pazienti che dei loro famigliari. Aspetti importanti che spesso, purtroppo, sono trascurati. È una fortuna avere in città un associazionismo così tanto impegnato su questo che è un fronte fondamentale di educazione e crescita civica. Di nei ci si era già occupati nel 2013. Sulla totalità delle persone visitate il 16% presentava lesioni tumorali con necessità di trattamento o, come minimo, di particolare monitoraggio. La maggioranza dei visitati non aveva una corretta educazione alla prevenzione e, dunque, l’occasione della visita è stata anche quella di dare indicazioni su come comportarsi e quali strade seguire. La prevenzione, dunque, come campanello d'allarme. E per varie patologie. L'anno scorso è stata la volta del cuore con uno screening sulla fibrillazione atriale che ha coinvolto più di 2mila persone: l'1,4% di esse è risultata a rischio. Nel 2016 ai cittadini sono state proposte visite cardiologiche ed ecg. Nel 2015 sono stati eseguiti screening gratuiti della pressione oculare a 1.422 persone. Tutto ciò sta a dimostrare che la prevenzione, a livello di grandi numeri e vorrei dire anche di massa, si può fare. Purché lo si voglia. Non è una chimera o una delle solite boutade demagogiche alle quali troppo spesso in Italia siamo abituati. Anche a livello di Enti allo scopo istituiti. Il Volontariato è una gran bella cosa e senza di esso verrebbe a mancare la linfa vitale dell'entusiasmo e della prodigalità. Ma se fosse il Pubblico a prendere in mano decisamente le redini e imprimere, d'iniziativa, Forza, Impulso e Sostegno, non sarebbe miglior cosa e, soprattutto, essere risolutivi e dare la certezza di una vera prevenzione per tutti? Non è solo una questione di risorse, ma di reali Volontà!